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Esteri

Congelamento dei beni russi, le divisioni europee e l’ira di Mosca

di Giuseppe Ariola -


Al termine di una votazione destinata a segnare un punto di svolta nei rapporti tra Bruxelles e Mosca, l’Ue ha dato il via libera al congelamento dei beni russi senza scadenza. Una decisione che rafforza la pressione sul Cremlino ma che apre anche una fase di forte tensione politica all’interno dei Ventisette. Il via libera è arrivato attraverso la cosiddetta procedura scritta. 25 Paesi membri su 27 hanno votato a favore, mentre Ungheria e Slovacchia si sono opposte. Tra i sì, però, spicca quello “freddo” di Italia, Belgio, Bulgaria e Malta. Quattro capitali che hanno scelto di sostenere la decisione “per spirito di cooperazione”, ribadendo al tempo stesso la loro fedeltà alla linea di sostegno all’Ucraina, ma mettendo nero su bianco forti perplessità sul metodo e sulle conseguenze future.

Congelamento dei beni russi: cosa cambia davvero

La prima novità riguarda la durata della misura. Il congelamento dei beni russi, in particolare delle attività della Banca centrale di Mosca immobilizzate nell’Ue, non sarà più soggetto a rinnovi semestrali. Gli asset resteranno bloccati sine die, con una sola scadenza politica: la fine della guerra e di ogni azione aggressiva russa contro Ucraina e Unione europea. La seconda novità è di natura istituzionale. Per la prima volta su un dossier così sensibile è stato utilizzato l’articolo 122 dei Trattati, che consente alla Commissione di agire a maggioranza qualificata in situazioni di emergenza, superando il principio dell’unanimità. Una mossa che ha permesso all’esecutivo europeo, guidato da Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, di neutralizzare il veto sistematico di Orbán e del premier slovacco Robert Fico.

Le fratture politiche e il nodo dell’uso degli asset

Nonostante il via libera formale, la partita è tutt’altro che chiusa. In una dichiarazione allegata al verbale, Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sottolineato che una decisione di tale portata avrebbe dovuto essere discussa prima dai leader europei. Hanno inoltre avvertito che il ricorso alla maggioranza qualificata non deve diventare un precedente per la politica estera e di sicurezza comune. Soprattutto, i quattro governi hanno chiarito che il congelamento dei beni russi non implica automaticamente il loro utilizzo. Anzi, hanno invitato la Commissione a esplorare soluzioni alternative o “ponti” giuridici che comportino rischi inferiori, soprattutto sul fronte legale e finanziario. A Bruxelles, però, il clima è diverso. “Il voto di oggi è un segnale forte alla Russia e un messaggio potente all’Ucraina”, ha dichiarato von der Leyen.

L’ira di Mosca per il congelamento dei beni russi

Nei palazzi europei il congelamento dei beni russi viene letto come uno spartiacque: non solo una risposta a Mosca, ma anche un’affermazione di sovranità europea, soprattutto rispetto al ruolo degli Stati Uniti nei futuri negoziati di pace. Il Cremlino ha già reagito, annunciando un’azione legale della Banca centrale russa contro Euroclear, che detiene gran parte degli asset. Per il commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis si tratta però di iniziative “speculative”, destinate a scontrarsi con la realtà dei beni sequestrati. Il confronto politico vero, avvertono in molti, è solo rinviato. Il summit europeo del 18 dicembre rischia di trasformarsi in una resa dei conti decisiva sul futuro dell’Unione e sull’uso dei beni russi congelati.


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