Politica

Conte sfida la Meloni: in Sicilia rompe col Pd

Enrico "sempre meno sereno" Letta è alle prese con l’ira della base dem per le sue candidature che non tengono conto del territorio e che tagliano fuori amministratori e dirigenti locali. Come se non bastasse poi si consuma un nuovo psicodramma nel Pd: il M5S rompe l’alleanza elettorale in Sicilia. A detta di Conte, è per via dei candidati dem “impresentabili”.

di Adolfo Spezzaferro -

©imagoeconomica


Si sgretola il fronte progressista e i dem si stracciano le vesti per il “tradimento” dei 5 Stelle, che accusano il leader dem di aver imposto candidati “impresentabili”.

Giuseppe Conte e Enrico Letta sempre più nemici e ai ferri corti, altro che campo largo. L’annuncio del leader del Movimento 5 Stelle della rottura dell’alleanza elettorale con il Partito democratico in Sicilia innesca l’ennesimo psicodramma che vede coinvolti gli ex alleati. “In Sicilia andando da soli prendiamo più voti, afferma convinto l’ex premier citando un sondaggio in possesso dei 5 Stelle. In base a queste previsioni, la coalizione giallorossa in Sicilia non vincerebbe le elezioni regionali e correndo da solo il M5S otterrebbe un risultato migliore rispetto all’alleanza col Pd. Tuttavia fonti M5S chiariscono che Conte non ha mai chiesto né ha mai avuto sondaggi sugli scenari elettorali siciliani. Pertanto la notizia per cui il Movimento da solo in Sicilia per vantaggio elettorale è falsa e costruita ad arte per deviare l’attenzione dalla questione politica che ha maturato la decisione, ovvero la questione dell’impresentabilità di alcuni figure proposte dal Pd per la definizione delle liste. Al di là delle smentite, il dato politico resta: niente più alleanza. Sarà Nuccio Di Paola, attuale referente regionale del partito, il candidato 5 Stelle a governatore della Regione. Una notizia che inciderà sul comportamento degli elettori di centrosinistra dell’Isola in occasione dell’election day del 25 settembre. La rottura era nell’aria ed inevitabile, visto che nel resto del Paese Pd e M5S sono avversari. Ora è conclamata (tutto a vantaggio del candidato del centrodestra Renato Schifani, praticamente già governatore).

“A Giuseppe Conte dico, intanto, che la dignità è mantenere la parola data. E questa rocambolesca giravolta di oggi del suo Movimento è tutt’altro che degna. Quello del M5S è alto tradimento nei confronti dei siciliani che hanno creduto al fronte progressista”, è l’accusa del segretario dem in Sicilia, Anthony Barbagallo.

Rimanendo in zona centrosinistra ma spostandoci nel Terzo polo di Calenda e Renzi, segnaiamo un’altra rottura, quella di Federico Pizzarotti. “La mia partecipazione alle elezioni politiche del 25 settembre finisce qui, cioè non inizia. Non sarò candidato, non ci sono stati spazi seri nel progetto del Terzo polo per candidature non direttamente collegate ad Azione e Italia Viva. La scelta ‘conservativa’ e poco coraggiosa è stata quella di salvare l’attuale dirigenza senza aprirsi a rappresentanti dei territori e di persone che potessero far crescere questo nuovo soggetto. Non c’è stato posto per Gabriele Albertini, non c’è stato posto per Federico Pizzarotti e per altre figure che pure avrebbero a mio parere offerto un importante contributo e un messaggio di apertura e pluralità. Non è stato così, purtroppo le fusioni a freddo realizzate in due settimane hanno queste conseguenze”. Questo l’annuncio su Facebook dell’ex sindaco di Parma ed ex grillino.
Intanto in casa Pd si registra l’ennesima protesta. La candidatura del viceministro ex M5S Laura Castelli nel collegio di Novara con il Pd ha scatenato la rivolta dei dirigenti locali dem, che hanno condiviso una nota critica nei confronti delle scelte effettuate dalla segreteria nazionale. Una protesta che ha spinto la Castelli a rifiutare il seggio. I dem piemontesi ce l’hanno con la ex grillina per via di un episodio giudiziario il cui epilogo è giunto soltanto lo scorso anno. Nel 2016 la Castelli aveva insinuato un possibile legame con scambio di favori tra l’allora sindaco Piero Fassino e la giovane attivista del Pd Lidia Roscaneanu. Quest’ultima aveva portato in tribunale l’ex esponente del Movimento 5 Stelle, accusandola di diffamazione e vincendo la causa nel 2021.

Letta intanto sembra un disco rotto – “soltanto votando per noi si può impedire alle destre di vincere”, va ripetendo – ma dal punto di vista del programma elettorale appare tutt’altro che vincente la strategia di puntare tutto sul dire quanto è “brutta e cattiva” la Meloni (le campagne anti-Cav con Berlusconi che prendeva sempre più voti dovrebbero insegnare qualcosa, così come l’aver attaccato Salvini quando la Lega aveva ben altri consensi). Insomma, come dare torto ai 5 Stelle (sic!) quando parlano di candidature impresentabili da parte del Pd: il segretario ha deciso di salvare i salvabili più che di puntare a una (comunque quasi impossibile) vittoria.


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