Editoriale

Controcor…rentone: Se c’è una cosa di cui non ha bisogno la sinistra…

di Tommaso Cerno -


Se c’è una cosa di cui non ha bisogno la sinistra adesso è un correntone dei vecchi per intitolarsi i nuovi. E’ il tempo di uscire dalla sindrome che il Pd si porta dietro dalla nascita: le battaglie vere le fa sempre e solo al suo interno. Poi contro la destra perde. E’ vero che nell’era dei social la politica è talmente spiattellata e spalmata ovunque che c’è nostalgia delle vecchie cerimonie. Ed è anche vero che nel giorno dei funerali di Giorgio Napolitano, capita che gli onorevoli si trovino in centro a Roma e vadano a mangiare una pastasciutta. Ma il fatto è che l’appetito ce l’hanno davvero quello di trasformare la segreteria di Elly Schlein, che non fosse altro per l’età e per come è nata, cioè da un voto dei gazebo per la prima volta nella storia dei Dem opposto al voto dei dirigenti dovrebbe essere una segreteria di rifondazione, in una “fase”. Lo si sente dire spesso nelle stanze del Palazzo. La fase Schlein. La fase Elly. La fase.

E se il leader della sinistra non si arma, rischia che le cose vadano proprio così. Ruota tutto intorno a una domanda, una specie di sondaggio morale che permea l’aria intorno al Partito democratico: è meglio unirsi e puntare a un risultato alto alle Europee, sopra il 23 per cento, sancire che Elly ha fatto meglio di tutti da dieci anni almeno a questa parte, mettersi al centro del terreno di gioco dietro solo a Fdi di Giorgia Meloni (magari non così forte come adesso si pensa) e generare un Big Bang all’opposizione di cui Schlein diventa il naturale centro di gravità. Oppure, come dicono i teorici de “la Fase” scaricarla, fondare correnti, gruppi, gruppuscoli, eiettar fuori dal Pd le figure che possono cerare dibattito al centro, insomma boicottare il partito, non cogliere l’obiettivo europeo, staccare magari sì, ma di troppo poco i Cinque stelle di Giuseppe Conte e poi aprire il processo a Elly, per sostituirla e giocarsi tutta un’altra partita dal 2024 fino al voto delle politiche?

Il nome del sostituto c’è già. Basta entrare a Montecitorio o a palazzo Madama, salire al piano dove ci sono gli uffici di presidenza dei Gruppi parlamentari e sussurrare in corridoio, mentre ti scrutano, una frase del tipo “Ehi, ma c’è Paolo Gentiloni?”, per vedere strabuzzare gli occhi e, di colpo, le teste voltarsi tutte nella direzione del corridoio vuoto. Perché dentro il Pd quel nome ormai circola insistentemente. Circola come “saggio” che potrebbe fare il traghettatore. Circola al punto che c’è perfino chi è felice che la destra meloniana abbia iniziato ad attaccarlo ad alzo zero, bollandolo come l’Anti-italiano che siede in Europa, il piddino al vertice della Commissione europea, delegato di Ursula Von Der Leyen alle politiche finanziarie che di fatto stanno stremando il Paese e mettendo in difficoltà il governo che deve fare la Finanziari a con quattro spiccioli.

E così, come in un gioco di ruolo, tutto si rimette in movimento. Non ha avuto il tempo Elly Schlein nemmeno di cominciare a fare il capo che già c’è lo spettro di un successore. E a tessere la tela di questo ennesimo gioco di prestigio ai piani alti del Nazareno i soliti noti. Quella classe dirigente che non ha mai vinto le elezioni politiche, ma ha governato più a lungo di Andreotti.


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