Politica

Coronavirus: Quando certi politici cercano visibilità

di Redazione -


Siamo ancora – anche se con quale timido segnale positivo –  nella fase 1 del coronavirus e non sappiamo se, quando e come sarà la fase 2. E quindi  il Governo ha deciso di rinviare in autunno le elezioni comunali e regionali che si sarebbero dovute svolgere in questa primavera.

Tutti d’accordo? Assolutamente no. Quattro Governatori, per par condicio due governativi e due di opposizione, non ci stanno. Per loro in Italia e nel mondo, non starebbe accadendo nulla. Le migliaia di morti che l’epidemia sta provocando? Sono soprattutto vecchi, sembrano dire, che forse non sarebbero arrivati neppure al voto. Gli ospedali in sovraffollamento? Riguardano altre Regioni, non le nostre, tengono a sottolineare.  Il rischio che la giornata elettorale si trasformi in un’occasione di pericolosi contagi? Dio… vede e provvede. Ma non dicono, questi “soloni della politica” autoprestatisi incautamente alla medicina, l’altra massima: Aiutati che Dio ti aiuta.

E così – sarete impazienti di conoscere i loro nomi – Luca Zaia (Veneto), Giovanni Toti (Liguria) Vincenzo De Luca (Campania) e Michele Emiliano (Puglia)  prendono carta e penna e stilano una nota congiunta chiamando in causa “la necessità di garantire agli elettori l’inalienabile diritto ad esprimersi nei tempi più rapidi possibili”, aggiungendo – bontà loro – “compatibilmente con l’andamento dell’epidemia”. Allora “i quattro dell’Ave Maria” lo  sanno che da due mesi siamo tutti confinati in casa, le scuole sono chiuse come i parchi,  che nei supermercati e nei negozi di alimentari (tra i pochi ad essere stati autorizzati a restare aperti) si fanno ore e ore di fila, gli uni distanziati dagli altri. 

Insomma Zaia, Toti, De Luca ed Emiliano (ricordiamoli questi nomi, non dimentichiamoli al momento del voto) sanno che il Paese è in piena pandemia. Ma ciò nonostante proprio Zaia si lascia sfuggire che “è scandaloso quanto deciso: Non è democrazia”. Come dire, non c’è solo Salvini che compare sui giornali e nei talk, ci sono anche io. E gli altri tre Governatori, pur di strappare uno scampolo di visibilità, subito si accodano.

Ed è quello che deve aver pensato Alessandro Di Battista. Sì, proprio lui, l’ex deputato grillino, eclissatosi prima in America e poi in Iran, ma che sembra non veda l’ora di tornare in pista e di ritrovare un ruolo. 

La prima cartuccia, Di Battista – chiarendo però con un filo di ipocrisia  di non voler attaccare il Governo e di non avercela con il Presidente del Consiglio –  la sparata contro la conferma di alcuni AD  degli enti di stato scelti durante il governo Renzi “Qui veniamo messi sotto su tutto”, sentenzia e aggiunge con un chiaro riferimento alla trattativa europea sul Mes, “se abbassano di nuovo la testa, allora ci saranno conseguenze”.

Ma cosa vuole realmente Di Battista”. Dicono i suoi amici che “voglia tornare ad essere centrale nel Movimento. E così sulla sua protesta ha raccolto intanto l’adesione di una dozzina di senatori, venticinque deputati e tre europarlamentari. Un ricorso alla” vecchia politica” per dire: io ci sono e voglio contare. Un messaggio “cifrato” soprattutto in vista dei prossimi appuntamenti interni dei 5 Stelle, a cominciare dall’elezione, dopo l’interregno di Vito Crimi, di un nuovo capo politico del Movimento. Ma qui, dalla ricerca di  visibilità si passa ad un discorso tutto interno dove parecchi protagonisti stanno giocando una loro partita tutta personale: dalle ex ministre Barbara Lezzi e Giulia Grillo, a Nicola Morra che in un secondo momento ha ritirato al firma sul documento di Di Battista, e lo stesso Di Maio. 

PdA

 


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