Corsa verso il nulla: il rombo che uccide
Le corse clandestine non sono un passatempo per appassionati di motori: sono un reato, un atto criminale che trasforma un’auto in un’arma. La legge riporta che chi organizza o partecipa a competizioni non autorizzate rischia da uno a tre anni di carcere e multe fino a 100 mila euro. Se da quella corsa deriva la morte di una persona, la pena sale a sei-dodici anni di reclusione. Eppure, il deterrente non basta. Ogni fine settimana, da nord a sud, c’è chi sfida la notte per dimostrare di essere “più veloce” e bravo. A volte basta un tratto di tangenziale, un gruppo WhatsApp e dirette social.
Il fatto da accertare
Venerdì sera scorso, sulla via Cristoforo Colombo a Roma, poco dopo le 22, un impatto devastante: l’auto guidata da una ragazza di 20 anni — Beatrice Bellucci — è stata travolta da una Bmw che giungeva a forte velocità. Beatrice è morta poco dopo in ospedale. Le indagini stanno accertando la dinamica: si ipotizza una gara di velocità clandestina con altre auto, che poi si sarebbero allontanate senza prestare soccorso. Beatrice studiava giurisprudenza, tifosa della Roma, una vita davanti a sé. Nel 2024, secondo i dati ACI-Istat, sulle strade italiane si sono contati 3.030 morti e 233.853 feriti. Ogni giorno, otto persone muoiono e oltre 600 restano ferite in incidenti. Non tutti sono dovuti a corse illegali, ma ogni volta che si corre fuori da ogni regola, il rischio cresce inevitabilmente. Le forze dell’ordine parlano di un aumento del 15% delle segnalazioni legate a gare improvvisate, spesso riprese e pubblicate sui social. C’è un voyeurismo di ultima generazione da considerare pericoloso e vergognoso: l’applauso a chi sfiora la tragedia e la condivisione virale della morte corre in diretta. Dietro le statistiche, ci sono i nomi.
E ogni volta la stessa domanda inspiegabile: perché?
Un’altra famiglia che non dormirà più in cerca di giustizia. “Morta in una corsa clandestina”, un titolo secco che racconta i giovani che hanno scambiato la strada per una pista, la vita per un gioco o per una scommessa e per il denaro che gira attorno a questo sistema illecito. Il brivido del sorpasso, l’istante in cui il tachimetro supera il limite e il silenzio. Chi partecipa ad una corsa clandestina sa cosa rischia. Oltre al carcere, c’è la revoca della patente, la confisca del veicolo, e, nei casi più gravi, scatta l’accusa di omicidio stradale con pene fino a dodici anni. Ma chi organizza? Chi filma, chi scommette, ma soprattutto chi incita? Spesso se la cava, troppe volte scappa. Le chat spariscono, i video vengono cancellati, i testimoni negano. Tutti complici, nessuno responsabile. Dietro ogni schianto ci sono genitori che passano le notti tra verbali e tribunali, amici che portano fiori su un guardrail. E poi si mette in moto la rabbia: quella dei cittadini che chiedono controlli, gli autovelox non funzionanti, le pattuglie che arrivano dopo. Ogni corsa clandestina è una scelta che può trasformare vent’anni in un funerale, una “bravata” in un omicidio. Eppure, c’è chi ha il coraggio di chiamarle “ragazzate”, o anche “sfide tra appassionati”.
Torna alle notizie in home