Cultura & Spettacolo

Cortellesi regista, (più che) buona la prima

di Adolfo Spezzaferro -


Applausi in sala per l’esordio alla regia di Paola Cortellesi che con C’è ancora domani scrive un’importante pagina del cinema contemporaneo. Perché è un bel film e perché lancia un messaggio ancora attualissimo: l’emancipazione, l’autodeterminazione femminile è necessaria per migliorare la nostra società. Oggi come ieri, lo squilibrio determinato dal retaggio maschilista e patriarcale rende le famiglie disfunzionali e inficia gravemente la crescita dei figli. Ieri però le donne se la passavano molto peggio di oggi, come Delia (la Cortellesi), moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), e madre di tre figli. Condannata a fare la serva in un sottoscala di un condominio di Testaccio nella Roma del 1946, Delia sembra rassegnata alla sua vita di moglie e madre, in cui si divide tra le faccende domestiche in quella che sembra la sua prigione e lavoretti come fare iniezioni a domicilio e riparare ombrelli (dove l’ultimo arrivato guadagna più di lei che sta lì da tre anni solo perché è maschio). Ivano, padre-padrone picchia di continuo la moglie, per qualunque ragione. Non si occupa della crescita dei figli (i due maschietti sono due bestiole, capaci solo di picchiarsi e insultarsi e dire parolacce) e si augura che la primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), si sposi con Giulio (Francesco Centorame) perché i genitori hanno un bar. Marcella dal canto suo non vede l’ora di scapparsene via per non fare la fine della madre. Come se non bastasse, Delia deve fare da badante al padre del marito, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio livoroso e dispotico che dà consigli al figlio del tenore di “Non la devi menare sempre, altrimenti si abitua. Una volta ogni tanto, ma forte, così capisce”. L’unico sollievo di Delia è l’amica e confidente Marisa (Emanuela Fanelli), che ha un banco al mercato con il marito, l’unico uomo “normale” assieme a una vecchia fiamma della protagonista, Nino il meccanico (Vinicio Marchioni), che le chiede di scappare insieme. La grande novità in famiglia è l’annuncio dell’imminente fidanzamento con tanto di famiglia del futuro sposo invitata a pranzo a casa. Delia sta mettendo da parte i soldi di nascosto dal marito per comprare l’abito da sposa alla figlia. L’arrivo di una lettera misteriosa però cambierà tutto, darà la forza e il coraggio a Delia di provare a cambiare la sua vita e a salvare sua figlia dal rischio di fare la sua stessa fine.

L’ottimo esordio della Cortellesi regista (sceneggiatrice e protagonista)

L’espediente narrativo della lettera il cui contenuto resterà segreto fino alla sequenza finale funziona ma è tutta la sceneggiatura ben congegnata. La Cortellesi, che l’ha scritta insieme a Giulia Calenda e Furio Andreotti (autori della saga di Come un gatto in tangenziale), sa dosare risate e lacrime come nella migliore tradizione della commedia all’italiana. Il bianco e nero in omaggio al neorealismo è in perfetto contrasto con una colonna sonora ricca anche di brani pop contemporanei. Il risultato è un film una spanna sopra a tante produzioni italiane recenti, con un messaggio di denuncia senza scadere nella retorica o nell’ideologia. E’ nata una nuova, brava regista.


Torna alle notizie in home