Politica

Così convinsi Bossi nel 2002 e 700 mila trovarono lavoro

di Redazione -


di Carlo Giovanardi

Nel novembre del 2002, giusto 20 anni fa, stavano partendo dagli Uffici Postali di tutta Italia le buste raccomandate, spedite dai datori di lavoro di dipendenti comunitari ed extracomunitari, indirizzate alle Prefetture territorialmente competenti .
Il Governo Berlusconi aveva infatti deciso di affrontare il problema del lavoro in nero delle colf e badanti a sostegno delle famiglie e dei lavoratori nella stessa condizione impegnati nell’ agricoltura, nelle imprese commerciali ed industriali e nel terziario.
I Bustoni, affrancati con Euro 40 o Euro 100 a secondo che si trattasse di lavoratori impegnati nell’ assistenza famigliare o nelle imprese, contenevano oltre la domanda di regolarizzazione del rapporto anche il versamento di un contributo forfettario di 290 euro per colf e badanti e di 700 euro per gli altri lavoratori.
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali , il leghista Roberto Maroni, si era detto da subito favorevole quando venne avanzata la proposta in Consiglio dei Ministri, ma c’ erano da superare le perplessita’ del Ministro per le riforme nonche’ gran capo della Lega Umberto Bossi.
Così, in una afosa giornata di estate, nella mia veste di Ministro per i Rapporti con il Parlamento, andai a trovare l’ Umberto nel suo Ufficio, dove mi accolse in jeans e canottiera,
Dopo essermi tolto per par condicio giacca e cravatta iniziai una serrata trattativa, partita dalla affermazione di Umberto che era disponibile a regolarizzare solo Colf e Badanti e soltanto nelle famiglie con almeno due figli.
Seguirono due ore di battute e controbattute con un personaggio scaltro ed intelligente come il leader della Lega, che sapeva ben distinguere tra propraganda e cultura di governo, alla fine delle quali stipulammo un accordo convenendo entrambi che fare emergere dal nero rapporti di lavoro clandestini sarebbe stato un gran bene non soltanto per quelli che venivano regolarizzati ma anche per le famiglie e le imprese italiane.
L’ unico aspetto che rimaneva da chiarire era quello di prevedere quale sarebbero state le dimensioni del provvedimento e buttai la’ un numero di circa centomila possibili fruitori.
In realtà passata la legge e messo in moto il meccanismo di cui sopra il numero dei richiedenti comincio’ a lievitare arrivando alla scadenza dei termini a ben 700mila domande, 350mila per Colf e Badanti e 350mila per lavoratori dipendenti.
Mentre aumentavano i numeri delle domande in arrivo decidemmo di non enfatizzare quello che stava accadendo, per non innervosire il mio amico Umberto che sicuramente si ricordava la previsione di massimo 100mila richieste di regolarizzazione.
Ma d’ altra parte dovetti rassicurare il compianto Mons. Benito Cocchi, Arcivescovo di Modena e allora Presidente Nazionale della Caritas, che su Avvenire, davanti al silenzio del Governo sull’ esito del provvedimento, aveva denunciato come fallimentare questo tentativo di regolarizzazione.
Adesso che e’ tornato al Governo il centro destra mi pare giusto ricordare quel precedente perche’ , oltre alla doverosa esigenza di affrontare assieme all’ Europa l’ emergenza sbarchi, si abbia ben presente che soltanto una politica di integrazione e di rispetto dei reciproci diritti e doveri puo’ salvare il nostro paese.
Sapendo bene che se gli immigrati cercano un futuro migliore in Italia, le nostre famiglie, la nostra societa’ e le nostre imprese non possono fare a meno di una immigrazione regolare da inquadrare e integrare nel rispetto dei nostri valori e dei nostri principi costituzionali.


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