Esteri

“Così Pechino può essere davvero la nuova stella polare dell’Europa”

di Edoardo Sirignano -

Fabio Massimo Parenti


“La Cina si candida a essere nuova stella polare per l’Europa, pur rifiutando l’idea di superpotenza all’americana. Qualora fosse intavolato un tavolo di pace, molti politici in Europa strizzerebbero l’occhio a Pechino”. A dirlo Fabio Massimo Parenti, docente presso l’Istituto Internazionale “Lorenzo de’Medici” di Firenze.
Quale il reale significato del vertice?
Ritengo che sia una chiarissima conferma di un processo ventennale di riavvicinamento tra i due Paesi, divenuto sempre più strategico nella forma di una partnership e non di un’alleanza vera e propria. In una fase di grande turbolenza internazionale, con il delicatissimo conflitto in Ucraina, quest’amicizia viene confermata con la firma di una serie di accordi onnicomprensivi, che attraversano diversi settori economici. È una cooperazione a trecentosessanta gradi, che va avanti e negli ultimi anni e ha visto un incremento dello scambio commerciale di più del cento per cento. Stiamo parlando di un valore che ruota intorno ai duecento miliardi di dollari. In questo modo, infatti, vengono soddisfatti gli interessi reciproci di due Paesi che trovano grande complementarità, date le diverse dotazioni di risorse, uomini e materie prime.
La Cina ha davvero la possibilità di far cessare le ostilità in Ucraina?
Come ha dichiarato Putiin in conferenza stampa congiunta, c’è la possibilità e la volontà russa, prendendo spunto dai suggerimenti cinesi, di intavolare un cessate il fuoco. Un primo “piano di pace”, comunque, dipenderà moltissimo o se non esclusivamente dal consenso internazionale, ovvero dal coinvolgimento degli Stati Uniti e dei principali paesi europei, che invece hanno sin da subito, più o meno, bocciato i suggerimenti cinesi. Poco prima dell’inizio della visita di Xi Jinping a Mosca, la Casa Bianca, ha messo in guardia Kiev, attraverso il portavoce della sicurezza nazionale Kirby, sulla proposta di accettare quanto messo sul tavolo da Pechino.
Qualora Xi dovesse riuscire nell’obiettivo, si candida a essere la superpotenza del futuro?
Il risvolto geopolitico, in continuità con un processo più lungo, riguarda la conferma della volontà di costruire un sistema più equilibrato, della multipolarità. Ciò, però, richiede un rafforzamento, in termini difensivi, dell’indipendenza tecnologica e di sistemi alternativi monetari. L’ultimo vertice va letto anche in questo senso, dove si confermano una serie di progetti congiunti di multi-polarizzazione e democratizzazione delle relazioni internazionali, che non vuol dire l’imposizione di un unico modello democratico, ma di rapporti più equi tra nazioni differenti. Se si riuscisse nell’obiettivo di raggiungere un cessate il fuoco e aprire quindi dei negoziati di pace, l’immagine, il ruolo e il peso della Cina diventerebbero sempre più un fattore evidente e forte.
Qualcuno sostiene che Pechino voglia sostituire nei fatti Washington come reggente degli equilibri planetari?
Non è intenzione della Cina diventare superpotenza sul modello americano. Pechino ha sempre rifiutato l’idea di sostituire gli Usa.
L’Europa, intanto, potrebbe avere una nuova stella polare dopo la Casa Bianca, a maggior ragione dopo scelte filo-atlantiste, che non sempre hanno avuto esiti positivi sulle economie continentali?
Assolutamente! In termini di bisogni vitali, dovremmo allacciarci sempre più a tutte le potenze euro-asiatiche. Le nostre classi imprenditoriali sicuramente già vedono nella Cina l’unica opportunità in termini di investimenti, guardando sia al presente che futuro prossimo. Tutti vogliono lavorare di più con quella parte di Asia. Stiamo parlando di un popolo che cresce giorno dopo giorno e che tra dieci e quindici anni avrà una classe media che sfiorerà il miliardo di persone. Stiamo parlando di una tendenza ormai sempre più evidente.
Possiamo parlare di correlazione tra i successi della diplomazia mandarina e la crescita del cosiddetto “Global South”?
Se la Cina vincesse sempre più le battaglie geopolitiche, quelle attraverso la democrazia, come la mediazione per l’accordo tra Iran e Arabia Saudita, molti e anche nuovi politici in Europa potrebbero ripensare il loro approccio verso la Cina.
Perché in Ue c’ancora scetticismo verso Pechino?
Esiste, purtroppo, una dimensione ideologica e autoreferenziale nel contenente, condizionata dalle ideologie e dal fanatismo statunitense, aspetti che portano a nascondere una realtà che è completamente diversa da quella spesso descritta dai media occidentali.

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