Salute

COVID IL VIRUS DELLA DISORGANIZZAZIONE

di Ivano Tolettini -

FRANCESCO PAOLO FIGLIUOLO GENERALE


“La differenza con la gestione Arcuri quando il 1° marzo 2021 venni nominato commissario straordinario per l’emergenza Covid-19? Il controllo accentrato e l’esecuzione decentrata. Poi la verticalità delle decisioni, perché sapevo sempre ciò che stava accadendo poiché ero in contatto con i presidenti di Regione, e sapevo quello che avrebbe dovuto succedere per potere informare in tempo reale il premier Mario Draghi e i ministri”. Il generale di corpo d’armata Francesco Figliuolo non lo dice esplicitamente, ma fa intendere che la situazione che affrontò due anni fa era complicata, quando venne incaricato di dare una sterzata alla macchina organizzativa che sbandava con problemi di trasparenza certificati dalle indagini della magistratura. Questo succedeva sia per la complessità obiettiva di gestire un’organizzazione mastodontica come la vaccinazione della popolazione italiana, sia per un difetto nel comando che col cambio in corsa portò benefici come gli italiani constatarono. E come da più parti nel mondo è stato dato atto all’Italia, dopo la prima fase di sbandamento quando fummo travolti dal virus. “Da subito mettemmo in campo una struttura dedicata – aggiunge – che aveva competenze nella logistica, nello stoccaggio e nella distribuzione. Nel fare anche da stazione appaltante. Mi sono appoggiato a una grande squadra di uomini e donne di tutte le forze armate, centrata sul comando logistico dell’esercito. Ricordo che una delle prime decisioni che presi fu quella di abbattere di tre volte il costo a metro cubo della merce stoccata nei magazzini. Dietro la campagna vaccinale c’è stata programmazione, gestione finanziaria e amministrativa: ho firmato in 13 mesi determine di spesa per 8 miliardi di euro”. Il generale Figliuolo, un manager della logistica, di cui si dilettava fin da ragazzo nella bottega di famiglia a Potenza, racconta la sua straordinaria esperienza, prima di tutto umana, vissuta fino alla primavera 2022, davanti a centinaia di persone di sei Lions Club dell’Alto Vicentino, coordinati per l’occasione dal presidente Lamberto Rosa di Schio. Mentre racconta e si racconta emerge la pasta umana di questo lucano di 61 anni trapiantato a Torino e tutto di un pezzo, attuale comandante operativo di vertice interforze dello stato maggiore della Difesa, temprato da esperienze anche internazionali, consapevole di che cosa vuol dire decidere nel momento del bisogno per un interesse superiore. “Ho la convinzione – spiega – che sapere decidere vuol dire avere dietro dei valori, oltre alle conoscenze e le informazioni necessarie”. E per non rimanere sul piano teorico, subito fa comprendere che cosa l’ha distinto da Arcuri. “Il mio primo provvedimento è stato bloccare la gara delle Primule per 180 milioni di euro. Sarebbero servite – sottolinea – per realizzare gli hub vaccinali. Ma l’Italia, mi sono chiesto con la mia squadra, aveva già tutto e poi queste strutture andavano manutenute e poi dismesse. Perciò cambiammo strategia”. E fu azzeccata. Non mancarono anche momenti di tensione. Come con il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dopo che egli stipulò un pre accordo con Sputnik. “Non condividevo la scelta, per quanto comprendessi – ricorda – la necessità dei presidenti di regione di dare risposte alla propria gente. Dissi però che dovevamo fare gli acquisti centralizzati perché l’Italia è una da Bolzano a Trapani, e se la Campania avesse acquistato Sputnik avrei fatto un decreto di requisizione. Tra l’altro, quel vaccino non aveva i requisiti di sicurezza perché non era stato approvato né dall’autorità americana regolatrice dei farmaci né soprattutto da parte di Aifa ed Ema, rispettivamente di Italia ed Europa, perché mancavano i dati di farmaco-sorveglianza per i casi avversi. A volte ci si avventura in azioni per far vedere che si fanno le cose, mentre bisogna farle in maniera scientifica, seguendo i protocolli”. Non mancano tante note personali, mentre Figliuolo, presenta anche il libro scritto a quattro mani con Beppe Severgnini: “Un italiano – quello che la vita mi ha insegnato nella sfida più grande”. Come quella che pochi giorni prima di essere chiamato dal governo aveva perso la corsa per diventare Capo di stato maggiore dell’Esercito. Ed era deluso. “Pensavo che concluso il servizio di comandante della logistica mi sarei trovato un buen ritiro, invece arrivò la chiamata del governo. Una svolta nella mia vita. Ringrazio Draghi”. Da oscuro generale a star televisiva che entrava nelle case degli italiani, apprezzato anche per l’austero eloquio. E che ancor’oggi ovunque vada ha continue richieste di foto e selfie. “Quando esco di casa anche per i fatti miei – conclude sorridendo -devo essere sempre a posto, ma fa piacere: intendiamoci”.

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