Per Abbonati

Covid sindrome cinese

di Eleonora Ciaffoloni -

FIUMICINO TAMPONI PER CHI VIENE DALLA CINA VIAGGIATORI NEGATIVI AL COVID 19, VIRUS, CINESE CINESI, BAGAGLI, AGENTI AGENTE ADM


 

La messa in dubbio pubblica dell’Oms sui dati “poco trasparenti” che Pechino sta fornendo sull’andamento della pandemia di Covid-19 ha acceso la miccia della diatriba tra Cina e mondo occidentale. Già dai giorni scorsi, alcuni studi sull’aumento dei casi del virus denunciavano numeri molto più alti di quelli che arrivavano dal Paese in cui tutto era nato tra il 2019 e il 2020. La richiesta di verità alla Cina da parte delle autorità sanitarie non ha smosso Pechino, anzi: dai vertici dello Stato è arrivata la minaccia di “possibili ripercussioni” per il trattamento dei cittadini cinesi in arrivo in Ue che, prima in Italia e poi anche in Francia e Spagna – da poche ore anche in Germania, Grecia e Svezia –, sono obbligati a sottoporsi al tampone per un sequenziamento dei possibili casi Covid. E Pechino non demorde: ieri con un comunicato il governo di Xi attraverso il portavoce della diplomazia Mao Ning ha invitato l’Oms a tenere una posizione “equa” sull’epidemia, chiedendo di svolgere “un ruolo attivo nella risposta globale alle sfide dell’epidemia”. Eppure, si può dire ormai appurato come i dati forniti non corrispondano alla realtà, sia sul numero dei casi che su quello dei morti. A darne conferma la denuncia dalle strutture sanitarie del Paese, dove i medici e il personale assistono al collasso degli ospedali e a migliaia di decessi al giorno – contro i 22 morti per Covid denunciati dalla Cina a dicembre.

 

L’UE SI STRINGE CONTRO PECHINO

 

Finalmente, forse troppo tardi e forse non in maniera pregnante, gli stati membri Ue con “un approccio coordinato precauzionale” hanno concordato sull’introduzione delle misure restrittive nei confronti dei cittadini cinesi in arrivo in Europa. I 27, nello specifico, “sono fortemente incoraggiati a introdurre la richiesta di un tampone negativo condotto non oltre 48 ore prima della partenza”, ma anche altre misure, come la raccomandazione a tutti i passeggeri dei voli da e per la Cina di indossare la mascherina chirurgica o Ffp2 e anche a integrare con test a campioni sui passeggeri in arrivo. I vertici Ue si dicono soddisfatti e uniti “contro” la Cina. Anche la commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides si allinea, dichiarando di poter “affrontare la pandemia solo con lavoro a stretto contatto a livello di Ue e globale” e chiedendo a Pechino di “condividere i dati in modo trasparente sulla sua situazione attuale”. A puntare il dito contro la Cina c’è anche Axel Berkofsky, Co-Head dell’Asia Centre dell’Ispi, che definisce la decisione del governo di Pechino di riaprire ai viaggi internazionali come “totalmente folle e assurda” proprio mentre “stanno riesplodendo i contagi”. La preoccupazione del professore è tutta per l’Europa: se in Cina si contano “40 milioni di casi al giorno” e “il 70% della popolazione di Shanghai ha contratto il virus” il rischio non è solo quello di propagazione nel mondo, ma anche della proliferazione di varianti sconosciute nel nostro continente dove “la pandemia è finita e siamo tutti vaccinati”. Proprio per il rischio di una nuova ondata, Berkofsky critica l’approccio dell’Ue definendolo “debole e deludente e poco coraggioso”, caratterizzato da raccomandazioni e non da decisioni. E ammonisce: “se i 27, 28 con la Gran Bretagna, non adottano tutti lo stesso approccio e non seguono l’esempio dell’Italia, allora rischiamo grosso”.

 

LA LINEA DELL’ITALIA

“Anche l’Unione Europea ha dato ragione all’Italia”. Così il virologo Matteo Bassetti ha commentato la linea presa dall’Ue sulle contromisure contro la Cina. Perché l’Italia è stato il primo Paese, ormai diversi giorni fa, a chiedere tampone obbligatorio ai cinesi in arrivo negli aeroporti italiani. “Abbiamo ben figurato – ha detto Bassetti – è l’unica cosa che potevamo fare”. Anche il professore Fabrizio Pregliasco plaude alle decisioni prese dall’Ue, utili all’iniziativa già presa da alcuni Stati “a fronte della non conoscenza e non affidabilità della Cina rispetto alla effettiva situazione epidemiologica”. Misure giuste, conferma, che di certo “non impediranno la diffusione del virus ma sicuramente ridurranno i rischi e in particolare faciliteranno la sorveglianza di nuove varianti”. Varianti che preoccupano, come la cosiddetta “Kraken” che dalla Cina è arrivata negli Usa con una delle maggiori incidenze nel mondo. A richiamare l’attenzione sulle possibili conseguenze è il professor Walter Ricciardi che però ricorda l’importanza del vaccino e della sua protezione contro le complicanze del virus: “La prima arma è continuare a vaccinare”. Probabilmente, molti italiani hanno risposto alla chiamata, perché dopo un’attenuazione negli ultimi mesi, ora stiamo assistendo a una ripresa delle dosi di richiamo che, come consigliato dai medici, restano fondamentali per anziani e fragili, contro ogni eventuale variante. Sono proprio i vaccini a fare la differenza tra Italia – ma anche Europa – e Cina. I sieri approvati e somministrati nei Paesi dell’Ue hanno prodotto un’immunizazione quasi totale della popolazione, cosa che non è accaduta alla popolazione cinese, vittima di vaccini poco funzionanti e della politica “zero covid” che non ha permesso il contatto con il prossimo e quindi dell’”immunità ibrida”. Proprio grazie a questa “immunità ibrida”, tranquillizza il direttore generale dell’Inmi Spallanzani di Roma Francesco Vaia, il nostro Paese “è per ora ben protetto”. Una protezione che però potrebbe vacillare: i motivi sono molteplici e riguardano sia l’imprevedibilità del virus che la natura delle decisioni anti-Covid prese dall’Ue, che non prevedono l’obbligatorietà. L’Italia potrebbe essere circondata da Paesi – come l’Austria – che non attueranno gli obblighi e, a differenza di chi non si “protegge”, potrebbe incappare in possibili ostacoli sul rapporto con Pechino. Discuteranno anche di questo, nell’incontro previsto nei prossimi mesi Giorgia Meloni e il Presidente cinese Xi.


Torna alle notizie in home