Economia

CRESCITA STOP

di Giovanni Vasso -


Non aspettiamoci nulla di buono. La Bce si prepara a rialzare, di nuovo, i tassi. Sarà una mazzata che graverà sulle (residue) speranze di crescita da parte dell’Italia e, più in generale, su quelle dei Paesi dell’area euro. A dirlo, il centro studi di Unimpresa. Che teme fortissime ripercussioni dal nuovo, ennesimo, ritocco verso l’alto al costo del denaro. “Il rialzo dei tassi di interesse dal 2,5% al 3,5% che la Banca centrale europea si appresta a deliberare, nella riunione in programma giovedì prossimo, pesa inevitabilmente sulle prospettive di ripresa dell’area euro e dell’Italia in particolare”, recita una nota che argomenta così le ragioni che inducono il centro studi di Unimpresa a diffidare dagli effetti della scelta: “Tra i motivi che creerebbero disagi alle imprese del nostro Paese, c’è anzitutto la maggiore difficoltà di accesso al credito bancario e l’aumento dei tassi di interesse sulle emissioni obbligazionarie”. Le difficoltà per i mutui, finora, hanno colpito le famiglie. E lo hanno fatto in maniera pesantissima dal momento che, proprio secondo i dati diffusi dalla Bce nell’indagine trimestrale sul credito bancario, la Bank Lending Survey: “La domanda di mutui da parte delle famiglie dell’area euro ha accusato il calo più forte mai registrato nel terzo trimestre, a riflesso dei rialzi dei tassi assieme ai cali dei livelli di fiducia dei consumatori e al deterioramento delle prospettive del mercato immobiliare”. Dall’analisi è emerso che il 26% delle banche che operano nell’area euro oggi propone condizioni peggiorative per l’accesso al credito. In Italia, secondo i dati diffusi da Bankitalia, s’è registrato un inasprimento del credito bancario alle imprese nel quarto trimestre dell’anno scorso mentre, per le famiglie, la stretta si è rivelata più debole. Per le aziende, la domanda è rimasta sostanzialmente inalterata. L’economia ha bisogno di liquidità, mai come adesso. Ma nella seconda parte del 2022 i criteri di offerta, da parte delle banche, sono stati irrigiditi soprattutto per le imprese operanti nel comparto manifatturiero ad alta intensità energetica e in quello immobiliare. Per il semestre in corso, invece, gli intermediari si attendono politiche di offerta più stringenti in tutti i settori, in misura più marcata per le aziende operanti nel commercio.
Secondo la presidente di Unimpresa Giovanna Ferrara: “La Bce deve modificare immediatamente le modalità con cui determina le scelte di politica monetaria: le decisioni sui tassi di interesse, in particolare, devono basarsi sui dati e devono arrivare sulla base di analisi sempre più veloci, per evitare di assumere determinazioni vetuste già mentre vengono annunciate ai mercati”.

Nel frattempo, l’Istat ha snocciolato i dati sul Pil italiano che ha chiuso il 2022 con una crescita stimata nel +3,9%. Si tratta di un solo decimale sotto la previsione del governo Draghi che, nella sua ultima finanziaria, aveva prudentemente parlato del 4%. Nell’ultimo trimestre, l’Italia ha ceduto lo 0,1% ma, sull’anno, le stime parlano di una crescita intorno all’1,7 per cento mentre, per il 2023, si calcola un “riporto”, come variazione positiva sul dato del Pil, dello 0,4%. Per Confcommercio occorre guardare soprattutto al bicchiere mezzo vuoto, dal momento che iniziano a intravedersi, secondo le analisi della confederazione, i primi segnali del cedimento dell’economia nazionale. La “perdita” dello 0,1 nell’ultimo scorcio di 2022, infatti, è più di un dato statistico: è la prima flessione del Pil dopo due anni post Covid.

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