Attualità

Creta tra il mito di Minosse e spiagge incontaminate

di Cinzia Rolli -


Creta, isola nel cuore del Mediterraneo, terra di conquista, è mare e storia. Oltre a spiagge come Elafonissi, considerata una delle  più belle al mondo, con acqua cristallina e arenile rosa e la laguna di Balos, con acqua turchese e sabbia bianca, è la più importante testimonianza della civiltà minoica. Il palazzo di Cnosso infatti è il sito archeologico maggiormente visitato come testimonianza dell’età del bronzo della civiltà cretese. Un prima costruzione del palazzo risale al 2000 a.c., periodo di scambio culturale con la società egizia, distrutto poi probabilmente da un terremoto a seguito dell’eruzione di un vulcano dell’isola di Thera, oggi la nota Santorini. Venne quindi ricostruito nel periodo neopalazialeancora più sontuoso di prima. Nel 1450 a.c. venne però completamente distrutto dalla popolazione dei Micenei. 

Gli scavi iniziarono dopo diversi tentativi andati a vuoto nel 1900 ad opera dell’archeologo inglese Arthur Evans. Dopo tre anni quasi tutti i reperti erano venuti alla luce anche se Evans continuò il suo lavoro fino al 1931, con un’unica interruzione dovuta allo scoppio della prima guerra mondiale. Le rovine avevano bisogno di ingenti opere di restauro e così molte parti del Palazzo furono ricostruite secondo la libera interpretazione di Evans che usò, tra tutti i materiali, il cemento armato. Le parti che si presumevafossero in legno furono dipinte di giallo, oggi però questo colore è stato eliminato perché fortemente criticato come del resto tutto il lavoro di ristrutturazione dell’archeologo inglese in quanto utilizzò materiali sconosciuti alla civiltà minoica seguendo solo la sua immaginazione. Attualmente gli scavi sono ancora aperti e vengono eseguiti tramite la scuola britannica di Atene. Il palazzo era un centro politico, culturale ma anche e soprattutto sacro. Era costruito intorno ad una corte dove si esibivano dei ginnasti con dei tori, animale considerato sacro. Era molto grande tanto da sembrare un labirinto. Da qui il mito del Minotauro e del filo di Arianna. 

Il Palazzo di Cnosso era sapientemente affrescato. La maggior parte dei dipinti si trova oggi nel museo di Candia detto anche di Iraklio. Entusiasmante la rappresentazione del salto del toro. Uno sport che serviva come iniziazione dei giovani di età di quindicianni, sia ragazzi che ragazze, che avveniva una volta l’anno durante la stagione primaverile. Nel dipinto si vedono due donne con la pelle chiara e un uomo con la pelle scura. Una di loro prende il toro per le corna mentre l’uomo esegue una capriola all’indietro. La seconda donna attende il saltatore dietro il toro. Era una prova di cui non importava la riuscita ma il semplice tentativo. Colpisce poi all’interno del museo la raffigurazione del cosiddetto Principe dei gigli. Raffigura un uomo a grandezza naturale, con un kilt molto colorato, una cintura e una corona adornata con gigli di papiro e piume di pavone. Secondo l’archeologo Evans era il re sacerdote di Cnosso, Minosse,secondo altri studiosi potrebbe essere un atleta, un pugile o un sovrano. Un piccolo ma significativo dipinto, è quello che raffigura una donna, la Parisienne, con i tratti tipici della bellezza femminile dell’epoca: occhi grandi, capelli scuri ricci, pelle moltochiara. 

Il museo di Candia ci fa scoprire la civiltà minoica con reperti non solo provenienti dal Palazzo di Cnosso ma anche da quelli di Malia e Festo. Di notevole importanza il disco di Festo. Si tratta di un disco di terracotta dove sono stati impressi dei simboli quando l’argilla era ancora fresca. Siamo di fronte probabilmente ad una scrittura sacra ma ad oggi sono in corso ulteriori studi per la sua interpretazione.

Magnifico il rython, vaso forato per liquidi usato soprattutto per le libagioni a forma di toro. Lo stesso si può dire per le statuette della Dea dei serpenti, considerati animali sacri, simbolo della rinascita e della vita dopo la morte in quanto cambiano pelle. Il gatto sulla testa della figura femminile più piccola rappresentainvece il suo dominio sulla fauna selvatica.

Le dee sono raffigurate con abiti lussuosi che includono una lunga gonna a balze, un grembiule ricamato e un corpetto aderente che espone il seno, simbolo della fertilità.

Presenti molti vasi decorati che potevano avere tre funzioni: la prima di carattere pratico prevedeva la conservazione del cibo, la seconda l’esigenza di decorare gli ambienti e la terza di tipo funerario. I cadaveri infatti, generalmente non troppo alti, venivano seppelliti al loro interno in posizione fetale pronti ad una nuova vita più importante di quella terrena, quella ultraterrena. I monili presenti sono di una modernità disarmante; erano spesso realizzati in oro proveniente dalla Siria e accanto a loro sono esposti vari sigilli utilizzati per gli scambi commerciali. 

Reperti del periodo postpalaziale  testimoniano la decadenza dell’arte minoica. Vi si trovano numerosi idoli femminili stilizzati, dalle mani alzate ritrovate in località Gazi. Al contrario prima le donne venivano raffigurate con seni nudi e il più realisticamente possibile. Segno questo di una diversa concezione del ruolo della donna nella società. 

La strada per Creta è dunque segnata: basta seguire il proverbiale filo di Arianna.


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