Economia

Così le imprese finiscono nelle grinfie della criminalità

di Giovanni Vasso -

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La criminalità organizzata non crede più nelle pistole ma in un’altra arma, letale, per imporre il suo peso alla società: i soldi. Sparare non interessa più a nessuno; i clan puntano tutte le loro fiches sul controllo dell’economia, puntando a infiltrare sempre più imprese per riciclare denaro sporco, da un lato, e per mettere le mani sui grandi affari puliti dall’altro. La strada per il consenso sociale è lastricata di banconote sporche. Ieri è stata presentata al Parlamento la relazione redatta dalla Direzione investigativa antimafia sulle attività condotte nel primo semestre del 2023. Il cliché della coppola e della lupara, che era già vecchio da tempo, ora sembra definitivamente accantonato. A favore delle cravatte, delle camicie e delle giacche da “squali” della finanza e non solo. “Europol ci dice che l’80 per cento delle organizzazioni criminali fanno uso delle imprese perché sono le lavatrici della criminalità organizzata”, ha dichiarato il direttore generale Dia, il generale della Guardia di Finanza Michele Carbone. Che ha affermato: “Le utilizzano per riciclare denaro sporco ma anche per creare consenso sociale, per associare imprese colluse assicurando loro appalti pubblici”. Una strategia che, assicura Carbone, “va dal Sud al Nord”.

I numeri pubblicati nella relazione suffragano le parole del generale. Nella prima metà dello scorso anno sono stati sottoposti a controlli 46 cantieri, 1.065 persone fisiche, 340 imprese e 845 mezzi. Le richieste di avvio di istruttoria antimafia per le imprese connesse, in qualche modo, ai piani e progetti per la realizzazione del Pnrr sono state 11.890. Per il momento, già otto si sono concluse con l’interdittiva. Ma non è tutto. La Dia ha analizzato 77.466 Sos, segnalazioni di presunte contiguità mafiose per imprese e attori economici. Si tratta di un numero importante, superiore del 7% a quello del 2022 e addirittura del 46% rispetto al dato 2020. Sotto la lente degli inquirenti sono finiti 771.500 persone, fisiche o giuridiche. Di queste ben 26.544 segnalazioni sono state ritrovate fondate. Il primato non è nel Mezzogiorno ma nel Nord dove il 35% dei Sos ha trovato conferme investigative a fronte del 25% registratosi al Sud e al Centro. La criminalità, quando c’è da infiltrare imprese, non ne fa una questione geografica.

L’economia, anzi il benessere o quantomeno una percezione di esso diventa un obiettivo concreto nella nuova “narrazione” di sé che hanno le cosche. “Il benessere sociale o, almeno, la percezione di un benessere sociale visto non come un diritto del cittadino, ma come elargizione da parte di un’entità sovrastante alla quale è necessario corrispondere se non obbedienza, certamente condiscendenza. Ne consegue – si legge nella relazione Dia – l’attrazione fisiologica per le organizzazioni, dotate di forte liquidità illecitamente acquisita, avvertita da quella parte del mondo imprenditoriale qualche volta in difficoltà ad affermarsi nei complessi meccanismi che regolano l’attività produttiva ed i costi di esercizio”. E tra crisi, guerre e tassi alle stelle, le difficoltà per chi fa impresa si sono letteralmente moltiplicate nel giro di pochissimi anni. Il direttore generale Carbone pertanto avverte le istituzioni. Quei soldi restano sporchi e, come tali, rappresentano un problema. Gigantesco. Per lo Stato e per l’economia reale: “Abbiamo sempre più delle organizzazioni mafiose che pur indossando la giacca e la cravatta non abbandonano le caratteristiche proprie dell’associazione mafiosa e oltre a gestire i traffici illeciti tradizionali, come lo spaccio di droga o le estorsioni non disdegnano le infiltrazioni nell’economia e nella finanza. – ha aggiunto – Spesso a favore di imprenditori compiacenti o collusi affinché questi possano usufruire di appalti pubblici oppure a danno dei concorrenti, le organizzazioni mafiose effettuano delle vere e proprie operazioni di servizio nei confronti delle imprese colluse”. Quali, secondo Carbone, “la riscossione di crediti incagliati, la risoluzione di conflitti sindacali all’interno del mondo aziendale oppure l’assunzione di dipendenti che sono vicini alle cosche”.


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