Politica

Da che pulpito viene la predica della sinistra

di Edoardo Sirignano -


Da che pulpito vien la predica. Si tratta dell’espressione che si usa in genere nei confronti di chi rimprovera ad altri i suoi stessi difetti che non si rende conto o non ammette di avere. Un proverbio che calza a pennello per i giganti dem. Dopo la scissione del Senato, i piddini sono i primi a parlare di destra divisa, coalizione spaccata e via dicendo. Gli amici del Nazareno, però, sono peggio dello smemorato di Collegno. Stiamo parlando, infatti, del partito che ha inventato le correnti. Non esiste cronaca progressista, in cui appunto non si usa il termine divisione. È come dire nasce prima l’uovo o la gallina. A dimostrarlo anche quanto accaduto al Parlamento. Se qualche minuto dopo il Senato, i vari Letta, Renzi e Conte proferivano di maggioranza divisa, l’opposizione alla Camera presenta addirittura tre candidati. Vengono, dunque, sacrificati Maria Cecilia Guerra per il Partito Democratico, l’ex magistrato Federico Cafiero De Raho per il M5s e Matteo Richetti per il terzo polo. La prima ottiene 77 preferenze, il secondo 52 e il terzo 22. Non scappa neanche un deputato, sotto il controllo dei generali, ma certamente non è un segnale di forza. L’incubo traditori è dietro l’angolo. Non basta spegnere quindici candeline. Il voto segreto spaventa e non poco colonnelli che hanno più di qualche semplice difficoltà a controllare le proprie truppe. Se il pentastellato Giuseppe Conte, bene o male, riesce a far sentire il proprio peso sui gialli, Enrico Letta, secondo fonti interne, sarebbe a dir poco inascoltato. Quanto successo a Palazzo Madama ne è la prova evidente. I Franceschini o i Delrio sono sempre dietro l’angolo. Se la destra, quindi, ritrova sé stessa, riesce a fondere Lega e Fratelli d’Italia, la sinistra ha ormai una mozione per individuo. Il tam tam di commenti social lo dimostra. Ognuno parla una propria lingua. Schlein, considerata il nuovo che avanza, gira sola nell’emiciclo. Ascani, che molto probabilmente sarà il nuovo capogruppo, resta sul divano del Transatlantico senza compagnia. I suoi, a parte osservare i colorati tailleur, non ascoltano chi dovrebbe guidarli. Serracchiani, spaventata dall’incubo di essere cacciata dopo pochi giorni, addirittura scegli di farsi declassare a vice. Neanche la new entry Alessandro Zan, a parte qualche lancio di agenzia, entusiasma il popolo dem. Non sarà facile per nessuno far sedere allo stesso tavolo Furlan e Camusso o domare i nostalgici renziani. I fedelissimi del giglio sono davvero incontrollabili. Nelle stanze del potere, possono parlare con chiunque. Un virus che preoccupa gli Scientologist del Nazareno, i quali temono qualsiasi cosa o espressione possa uscire fuori dalla quella che qualcuno chiama “setta”. Neanche le caselle date quindici giorni prima delle elezioni, come vocifera più di qualcuno di quel mondo, rassicurano il vertice. Se la nuova piattaforma online mantiene compatto il mondo contiano, sospetti è la parola più gettonata tra i rossi. Ecco perché si sceglie di nascondere le debolezze attaccando l’avversario, esponendo striscioni che definiscono l’avversario “omofobo” e “pro Putin” oppure dicendo che “l’Italia è sfregiata”. Meglio non guardarsi allo specchio, non vedere segni e debolezze delle ultime sconfitte.


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