Da incidente a possibile omicidio: riapre il caso sulla morte di Iask Andic
Il caso della morte di Isak Andic, fondatore del gruppo di moda Mango, torna sotto i riflettori dopo mesi di silenzio. Quella che inizialmente era stata archiviata come una “tragica fatalità” durante un’escursione a Montserrat – Catalogna – è ora oggetto di una nuova indagine per possibile omicidio. Al centro dell’inchiesta, l’unico testimone presente è Jonathan Andic, figlio dell’imprenditore e oggi presidente dell’azienda di famiglia.
La dinamica dell’incidente di Isak Andic
Lo scorso dicembre la vita di Isak Andic si è fermata per sempre. Una escursione in montagna poi la caduta, un uomo che da decenni vestiva il mondo con il suo marchio e che giaceva senza vita sul massiccio di Montserrat. Un incidente, dissero i Mossos d’Esquadra. Una tragedia che però non ha mai convinto del tutto gli inquirenti. Ma la montagna non sempre racconta tutto nell’immediato e così, dieci mesi dopo, quella caduta nel vuoto ha portato ad un’altra possibilità.
Un incidente che però ha fatto riaprire il caso
La polizia catalana ha riaperto il caso: non più un semplice incidente, ma un possibile omicidio. Al centro dell’indagine, un nome che pesa tanto quanto quello del padre: Jonathan Andic, l’unico dei tre figli presente quel giorno. Jonathan aveva raccontato di aver camminato parecchi metri davanti a suo padre, di non essersi accorto di nulla fino a quando non era stato troppo tardi. Era, in apparenza, un figlio che aveva perso il genitore tra le rocce, il vento e un incidente apparentemente incontestabile. Ora, invece, è un uomo che deve difendersi dall’accusa più terribile che possa pesare su un figlio. Un’indagine ancora sotto istruttoria, avvolta dal riserbo del tribunale di Martorell, ma già abbastanza per incrinare l’immagine di una dinastia simbolo del capitalismo mediterraneo: gli Andic, famiglia di origini turche trasferitasi a Barcellona, architetti di uno dei marchi di moda più riconoscibili al mondo. Dietro la sottile patina di eleganza, però, il quadro che emerge dalle ricostruzioni dei quotidiani spagnoli è più tormentato e dettagliato.
Il difficile rapporto padre/figlio
Secondo La Vanguardia e El País, la polizia starebbe analizzando i rapporti personali tra padre e figlio, descritti da alcune testimonianze come tesi e molto difficili. Estefania Knuth, compagna di Isak Andic, avrebbe riferito, infatti, di tensioni e incomprensioni tra i due. Parole che, a quanto pare, hanno pesato abbastanza da spingere gli inquirenti a riaprire il fascicolo. Eppure, parlare di colpe e di innocenza quando si tratta di sangue e legami è un terreno scivoloso tanto quanto quello montano. Perché dentro ogni famiglia – soprattutto se potente, famosa e ricca – scorre una doppia vita: quella pubblica, fatta di ruoli, visibilità, pubblicità e aziende; e quella privata, fatta di silenzi, aspettative e rancore devastante.
I cambiamenti nella holding dopo la morte di Isak Andic
Jonathan, che dopo la morte del padre è diventato presidente di Mango e della holding familiare, si trova ora in una posizione complicata: guida l’impero che suo padre ha costruito mentre deve rispondere a chi sospetta che di quell’impero sia stato l’erede troppo presto e a seguito di un possibile omicidio. Intorno a lui, il silenzio compatto e sospetto della famiglia. Le sorelle Judith e Sarah sono diventate vicepresidenti del gruppo, e il portavoce ufficiale degli Andic ha ribadito che non commenteranno la vicenda, esprimendo però fiducia “che il processo dimostrerà l’innocenza di Jonathan”. Un comunicato pulito, preciso e diretto. Ma, inevitabilmente, i rumors aumentano. Nel frattempo, la polizia sta analizzando il contenuto del cellulare di Jonathan, mentre gli avvocati costruiscono la difesa.
I punti da chiarire
Gli inquirenti cercano crepe in una versione dei fatti che, per mesi, era sembrata inattaccabile. La caduta da un sentiero tra i cento e i centocinquanta metri, la mancanza di testimoni, il buio improvviso di un freddo pomeriggio di dicembre. Isak Andic non era solo un uomo di successo: era l’affermazione di un certo sogno imprenditoriale europeo, di chi parte da Istanbul con tanti sogni e arriva a vestire il mondo intero. La sua scomparsa, già di per sé simbolica, ora si tinge di ombre che interrogano anche la natura stessa del successo, del denaro e dell’eredità, ma soprattutto dei legami di sangue. Forse è questo il punto più dolente della vicenda: che dietro le mura delle grandi case e i bilanci miliardari, restiamo tutti figli e padri, fragili, imperfetti, a volte in lotta per qualcosa che non sappiamo più nemmeno nominare. Montserrat, con le sue rocce antiche, ne è diventata testimone silenziosa. La giustizia farà il suo corso, si dice sempre così. Ma la verità, quella vera, spesso resta dove tutto è cominciato: in quell’istante sospeso tra un passo e il vuoto, quando non si può più tornare indietro.
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