Cultura & Spettacolo

Da Mattarella a Zelensky Morandi e Mameli, un po’ di Costituzione…Lo chiamavano Sanremo

di Redazione -

Sanremo - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Amadeus, Gianni Morandi e Chiara Ferragni © imagoeconomica


di LORENZA SEBASTIANI
È in onda il festival più democristiano della storia, con la benedizione di Mattarella e un occhio strizzato a quella sinistra, tanto cara alla filosofia direzionale del Prime Time di Rai1, che però smette di essere sinistra appena rischia qualcosa.
Il tanto strombazzato intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky previsto per la finale di sabato 11 febbraio, che ha fatto tremare le gambe a tenenti e soldati Rai (e ha fatto il pieno di polemiche sui social), è stato ridotto a una banale lettura di un testo, una specie di ‘lettera del presidente’. Ma andiamo con ordine. Dal momento in cui Zelensky ha annunciato da Bruno Vespa il suo interesse a parlare agli italiani si è mossa quell’opinione pubblica, al momento in maggioranza, non favorevole all’imperante servilismo filoamericano. E allora ecco, come in una partita a scacchi, un deus ex machina che salva capra e cavoli: la figura dell’ambasciata ucraina a Roma. «L’ambasciatore ucraino il pomeriggio del 2 febbraio ci ha detto che avrebbe preferito inviare un testo da far leggere ad Amadeus invece che un video», ha riferito il direttore del Prime Time Stefano Coletta. Questo declassamento di formula (da video a banale testo da leggere) ha l’aria di un dispetto mirato all’influente Vespa, notoriamente ben ascoltato da orecchie di altre sponde, tipo quelle meloniane.
A uno come Zelensky, invece, la questione non dovrebbe creare troppi mal di pancia. Uno che combatte censure putiniane da mattina a sera, figuriamoci quanto possa dare peso alle volontà di Viale Mazzini.
Non prendere posizione, insomma, diventa l’imperativo di questo Festival. Una noncuranza spacciata per vocazione assoluta all’intrattenimento.
Il Festival non sceglie, insomma. Sceglie senza scegliere davvero. Chiara Ferragni è la diplomazia in persona. «Sono molto onorata di essere qui, sarò me stessa».
Alle spalle vari ‘no’ alla proposta di una conduzione sanremese.
In famiglia una querela al marito Fedez da parte della Rai poi ritirata (due anni or sono) per aver diffuso una telefonata privata con i vertici aziendali, legata alla sua partecipazione al concertone del primo maggio. Quella stessa azienda da lui umiliata via social è oggi pronta a stendere un tappeto rosso a lui e consorte, mentre punta ai loro followers. I due, ovviamente, cercano di prendere il meglio dalla situazione.
Lei, sorriso impostato, mai fuori asse. Confida ai giornalisti di essere emozionata, racconta ancora una volta il suo impegno contro la violenza sulle donne. Ma poi cade il buio più totale sui cachet alternativi, cioè su quanti soldi guadagni da operazioni commerciali o social, collaterali alla partecipazione alla kermesse.
Centrata e lucida, in conferenza ha saputo dribblare domande dei giornalisti (legittime ma scomode) del tipo ‘cosa pensa dei testi sessisti e misogini degli esordi di suo marito Fedez?, ‘Sono qui a rappresentare me stessa, né lui, né la nostra coppia’. E ovviamente, a tale impero, nessuno osa ribattere.
Ma farla franca all’infinito, quando si è così esposti, è dura. Qualcuno in sala stampa chiede ai conduttori quale sia il loro articolo della Costituzione preferito. Amadeus, da sempre re del dribbling, se la cava con “è così bella che si potrebbe prenderne uno a caso” e Ferragni si salva seguendolo a ruota: ‘Idem’.
E ancora, a chi le ha chiesto un parere sulle rimostranze della pallavolista Paola Egonu, co-conduttrice della serata di giovedì 9 febbraio, che ha più volte puntato il dito sul (presunto) feroce razzismo presente nel nostro paese, ha risposto «Paola ha fatto bene a parlare, ma gli haters ci sono ovunque».
È giusto fare battaglie, ma ognuno combatta le proprie, quindi.
Notevole anche un’altra “non scelta” di questo Festival, quella di condividere il palco con Gianni Morandi.
Morandi non è una vera scelta.
A chi non piace Morandi? Una garanzia dell’intrattenimento nostrano, memoria storica del Festival e della musica italiana, che si è esibito persino nell’inno nazionale, su cui siamo tutti d’accordo e che cantiamo tutti in coro. Molti gli interrogativi, invece, sul cachet di Benigni (sempre in forza alla scuderia Presta). Coletta in merito si è nascosto dietro il silenzio: ‘Ho rispetto di qualunque trattativa, di qualsiasi artista si tratti’.
Eppure in questo festival perbenista, al momento, manca il bene vero.
Ossia la volontà di devolvere parte degli introiti commerciali alla terra turca colpita da un atroce terremoto. Ma che ci importa, l’importante per ora è che in Italia le luci reggano. E soprattutto che Mediaset, che ha osato trasmettere la sua solita programmazione anche nella settimana santa di Sanremo, si senta umiliata anche solo dall’averci provato.

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