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Dantedì: sulle tracce degli Svevi nella Divina Commedia

di Angela Arena -


Il 25 marzo in Italia ricorre la giornata nazionale dedicata al padre della lingua italiana, il fiorentino Dante Alighieri autore del poema più celebre di tutti i tempi: la Divina Commedia. Celebrata per la prima volta nel 2020, la data del Dantedì non è affatto casuale, poiché coinciderebbe, secondo gli studiosi, con l’inizio del viaggio ultraterreno ambientato nei tre regni dell’oltretomba, la cui stesura, il sommo poeta, intraprese nella notte tra giovedì 24 e venerdì 25 marzo del 1300. Attraverso la descrizione minuziosa di personaggi e paesaggi, che dalle Alpi si spinge fino alla punta estrema della Sicilia, la Commedia dantesca traccia una vera e propria mappa del Belpaese, illuminando con i suoi mirabili versi città e province, offrendo una straordinaria sintesi della cultura medievale europea, incidendo irreversibilmente sul processo di unificazione linguistica dell’italiano. Pertanto, il poema può costituire un’occasione per ripercorrere luoghi fortemente intrisi di storia, alcuni legati alla grande dinastia degli Svevi cui Dante dedicò particolare attenzione. Il forte impulso alle lettere nutrito dal sommo poeta, lo portò a una profonda ammirazione per Federico II di Svevia, che insieme agli intellettuali aveva costituito la nota Scuola dei poeti siciliani, ma che non gli impedì di collocarlo nel sesto cerchio dell’inferno, regno dell’aldilà che più si addiceva alla condotta epicurea tenuta in vita dal sovrano. Una stima che si estese anche ai suoi discendenti: suo figlio Manfredi e suo nipote Corrado, entrambi collocati dal poeta fiorentino nel Purgatorio. “Biondo era e bello e di gentile aspetto”, così Dante descrive Manfredi, ucciso nella battaglia di Benevento del 1266 in cui le truppe guelfe di Carlo d’Angiò sconfissero quelle ghibelline del Regno di Sicilia conquistandone le terre nei pressi del fiume Calore e dove, nel 1921, in occasione dei seicento anni dalla morte di Dante Alighieri, un comitato cittadino fece scolpire un epigrafe in marmo con il famoso passo del Canto III del Purgatorio riguardante la morte del condottiero. Ma il destino più tragico toccò al re di Sicilia e di Gerusalemme, Corrado di Svevia era appena 16enne, quando fu fatto giustiziare, in piazza Mercato a Napoli, dal re angioino e che Dante ricorda così nel XX Canto del Purgatorio, “Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fé di Curradino…” Le sue spoglie riposano oggi nella splendida Basilica di Santa Maria del Carmine, sorta dove si suppone sia avvenuta la decapitazione e dove, secoli dopo, Massimiliano II di Baviera fece erigere il monumento funebre in onore dell’ultimo degli Hohenstaufen.


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