Trani, il mare devastato per un piatto: indignazione e vergogna
La Guardia Costiera smantella rete criminale dei datteri di mare: 59 misure cautelari
Non è gastronomia, è vandalismo. Non è tradizione, è crimine. A Trani, la Guardia Costiera ha smantellato una rete criminale che per anni ha devastato le scogliere dell’Adriatico per estrarre i datteri di mare, molluschi pregiati quanto letali per l’ambiente. Cinquantanove misure cautelari, decine di arresti, sequestri di natanti, pescherie e depositi: un’operazione titanica, ma tardiva. Perché il danno è già stato fatto. Le coste tra Giovinazzo e Barletta sono oggi deserti sottomarini, privi di vita, privi di futuro.
Dietro ogni piatto servito illegalmente, c’è una scogliera sventrata, un ecosistema cancellato. E dietro ogni ristorante compiacente, ogni pescheria che chiude un occhio, ogni cliente che paga in contanti, c’è una catena di irresponsabilità che ha reso il mare un mercato nero. Il dattero di mare, simbolo di lusso per pochi, è diventato il veleno di tutti.
Complicità diffusa, silenzio assordante
Le intercettazioni, le telecamere nascoste, gli appostamenti notturni hanno svelato un sistema rodato, fatto di gruppi organizzati che collaboravano come imprese, con intermediari, venditori, acquirenti. Un’economia parallela che prosperava sotto gli occhi di tutti. E la legge, per anni, è rimasta spettatrice. La pesca del dattero è vietata dal 1998, eppure il suo commercio prospera tra ristoranti compiacenti e privati acquirenti che non si pongono domande. La legge c’è, ma la coscienza manca.
Questa non è solo cronaca giudiziaria. È il ritratto di un’Italia che si indigna a intermittenza, che applaude le operazioni ma dimentica le cause. Un Paese che lascia morire il suo mare per un piatto pregiato, che chiude gli occhi davanti alla distruzione, salvo poi aprirli quando è troppo tardi.
Il mare non si difende da solo
La pesca del dattero non è solo illegale: è irreversibile. Per estrarlo, si frantuma la roccia, si cancella la vita. E mentre si celebrano le eccellenze gastronomiche, si consuma un disastro ambientale che richiederà decenni per essere sanato — se mai lo sarà. La tutela del mare non può più essere demandata solo alle forze dell’ordine: è una sfida culturale che riguarda tutti.
La vera pace, quella tra uomo e natura, tra legge e coscienza, tra cultura e responsabilità, resta lontana. E il mare, intanto, continua a morire. In silenzio. Per colpa nostra.
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