Economia

Sui dazi siamo già al gioco delle parti

Gli Usa esultano, l'Ue interpreta già l'accordo: ognuno per sé dazi per tutti

di Giovanni Vasso -


Sui dazi siamo già al gioco delle parti. Certo, certissimo anzi probabile. Chi l’avrebbe mai detto che la politica economica internazionale, in particolare quella europea, si sarebbe ispirata a quel genio che fu Ennio Flaiano. Solo che, purtroppo, devono aver capito male a Bruxelles. Flaiano, che era un asso della satira e del paradosso, quando scrisse questa frase intendeva scherzare. Invece, in casa Ue (e Usa) l’hanno pigliato fin troppo sul serio. Almeno sui dazi. Certo, l’accordo di Scozia è stato accettato. Certissimo, l’America ha vinto per knock out tecnico alla prima ripresa il match politico. Probabile, che l’Europa mantenga le sue promesse.

Il gioco delle parti: i dazi si interpretano

In prima battuta perché, come analizza il Financial Times, gli impegni sono tali e tanto gravosi che risulterà quasi impossibile rispettarli così come sono stati presentati. In secondo luogo perché l’Ue ha messo in discussione tutta l’impalcatura del trattato, almeno così come era stata presentata dagli americani. Da Washington parlano di barriere doganali a zero sulle reti digitali, un altro modo per dire che l’Ue la smetterà di imporre tasse e balzelli ai poveri nababbi della Silicon Valley e, dalla Casa Bianca, rivendicano la sottoscrizione di “un accordo colossale che consentirà ad agricoltori, allevatori e produttori manufatturieri statunitensi di aumentare le esportazioni e espandere le opportunità di business, aiutando a ridurre il disavanzo commerciale con l’Unione europea”. A Bruxelles, invece, la vedono diversamente: “Non cambiamo le nostre regole, non rinunciamo al nostro diritto di regolamentare lo spazio digitale”, ha detto il portavoce della Commissione Olof Gill: “E questo vale anche per gli standard alimentari. Il nostro sistema di sicurezza alimentare resta pienamente in vigore”. In pratica, i nostri supermercati non saranno invasi dai prodotti made in Usa, gli agricoltori europei non dovranno subire (anche) la concorrenza dei colleghi americani che non devono far fronte ai costi (economici e non) del green. Né tantomeno l’Ue rinuncerà a Dsa e Dma, i regolamenti con cui ha deciso di normare il digitale.

Shopping sì ma anche no

Poi Gill ha sottolineato che, a proposito degli impegni a spendere fino a 600 miliardi in beni americani, “la Commissione Ue non può ordinare alle imprese cosa fare, ma può parlare con industrie e compagnie per capire le loro intenzioni sui prossimi anni e quello che ci hanno detto è che prevedono di investire negli Usa, ci hanno fornito le loro intenzioni, i loro impegni”. Tuttavia l’esecutivo non si può impegnare: “Non possiamo costringere ma possiamo parlare, recepire quello che le imprese ci dicono e trasmetterlo ai nostri partner americani, per fare funzionare al meglio il business”. Insomma, un bel guazzabuglio. Certo, l’accordo c’è ed è “imminente” la dichiarazione congiunta tra Usa e Ue. Certissimo, l’intesa peserà e tanto sull’economia europea anche se finalmente si dirada la nebbia dell’incertezza e l’Fmi si sente in diritto di aggiornare, seppur per pochissimo, al rialzo le previsioni globali di crescita. Probabile che l’accordo sarà rispettato. Perché, scrivono al Financial Times, Trump è un negoziatore tonitruante ma è già stato fregato in passato. Segnatamente dalla Cina che non avrebbe mai dato seguito agli impegni da 200 miliardi sottoscritti nel 2020.

“L’accordo non è giuridicamente vincolante”

Il guaio, però, è che l’Ue, più che un Dragone, è una libellula, una farfalla che si fa trascinare dal vento. La Commissione, però, mette le mani avanti e in un documento fa sapere all’opinione pubblica che l’accordo “non è vincolante dal punto di vista legale”. Una frase pericolosa. La verità è che ognuno tira acqua al suo mulino. La Casa Bianca ha bisogno di rivendicare un successo totale e definitivo e, per farlo, calpesta la povera e derelitta Ue. Bruxelles, da parte sua, ha un problema di tenuta politica. Agli Stati membri, l’intesa, non è piaciuta granché nonostante gli sforzi tedeschi di farla digerire. La Francia guida la fronda. Anche perché l’accordo include acquisti “nucleari” che la riguarderebbero in prima persona. Ursula ha mandato avanti proprio Gill per replicare, acidamente, alle rimostranze guidate da Parigi e dagli industriali che, come quelli spagnoli, si son detti preoccupatissimi. La Commissione, ha detto il portavoce, non ha fatto altro che portare nei negoziati la volontà degli Stati membri: “Siamo fiduciosi di aver evitato lo scenario peggiore, che era uno scenario peggiore molto brutto. Abbiamo creato la prevedibilità e la stabilità che i nostri Stati membri e le nostre industrie ci chiedevano, in una situazione difficile”. Insomma, siamo al gioco delle parti: ognuno per sé, dazi per tutti.


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