Economia

Dazi, guerre e alleanze: il mondo in un barile di petrolio

di Giovanni Vasso -


Cosa accade al petrolio? Dopo i ribassi epocali registratisi nelle scorse settimane, l’oro nero torna al centro del dibattito e le sue fluttuazioni spiegano i grandi temi dell’agenda internazionale di queste settimane: dai dazi di Trump fino alle tensioni in Medio Oriente e in Africa. L’identità ne ha parlato con Michele Marsiglia, presidente Federpetroli.


Presidente Marsiglia, è da un po’ di tempo che il petrolio è sul tagadà, che sta succedendo?
“Dopo l’annuncio dei pesanti dazi da parte della Casa Bianca, l’Opec+ ha deciso di imporre a sua volta i “suoi” controdazi. E lo ha fatto dando una sferzata alla produzione, con l’assenso dell’Arabia Saudita, che ha fatto precipitare i prezzi del greggio. Per i Paesi produttori s’è trattato di un piccolo sacrificio, più che sopportabile, per far sì che la quotazione scendesse a livello mondiale in modo tale da costringere anche gli americani a dover abbassare i prezzi. Per le aziende Usa , e non solo loro, è stato un guaio. E ciò era proprio quello a cui mirava l’Opec+”.


Perché?
“Le compagnie petrolifere americane e quelle che utilizzano le tecniche Usa come il fracking, hanno costi molto più alti. Il break-even, ossia il punto di pareggio tra costi e guadagni, è salito: non è più a 37-40 dollari come ai tempi del Covid. Oggi è tra i 58 e i 62 dollari al barile. Chi usa queste tecniche, dunque, coi prezzi bassi va in affanno e guadagna pochissimo. Va da sé che, con l’aumento della produzione deciso dall’Opec+, tutte le grandi aziende statunitensi dell’energia hanno accusato problemi che hanno immediatamente, e con tutta la gravità del caso, presentato alla Casa Bianca dicendo chiaramente al presidente che non avrebbero potuto reggere per chissà quanto altro tempo perdite così rilevanti”.


E a quel punto, dunque, Trump è volato a Riad…
“E s’è fatto il giro di tutto il Medio Oriente. Il suo viaggio è chiaramente servito a raffreddare la tensione sul fronte petrolifero. E infatti s’è portato dietro un sacco di Ceo e di manager tra cui quelli dell’Halliburton…”.


Tornando a Trump…
“Lui è andato in Arabia e nei Paesi strategici del Medio Oriente per coccolare quelli che avrebbero potuto diventare i suoi avversari energetici. Riad, mai come adesso, è strategica in questo momento sullo scacchiere locale e globale. Non dimentichiamo che spirano venti di guerra. E riguardano direttamente, oltre Israele, una potenza petrolifera come l’Iran, da sempre ago della bilancia delle politiche energetiche e regionali. Insomma, la situazione è in divenire, ne vedremo l’evoluzione da qui a qualche settimana”.


E intanto?
“Aspettiamoci che il prezzo del petrolio continui a salire, anche rispetto alle quotazioni attuali. Perché vendere tra i 62-65 dollari al barile non è ottimale davvero per tutti. Un prezzo così basso non conviene, per dire, nemmeno a molti produttori italiani dal momento che s’è investito, e tanto, negli ultimi anni con la prospettiva di un prezzo del petrolio ben più alto di quello attuale”.


Le sanzioni alla Russia riguardano anche il tetto del prezzo del petrolio…
“A distanza di quasi quattro anni stiamo capendo che la Russia resta principalmente un “nemico” che dal punto di vista commerciale molto forte e che non si riesce a piegare nonostante si stia studiando il 18esimo pacchetto di sanzioni. Ma con l’imporre prezzi massimi torniamo al punto di prima. Agli americani, che hanno ripreso a esportare, potrebbe anche andar bene. Ma che succederà se Mosca dovesse decidere che, nonostante le sanzioni, la soglia dei 50 dollari al barile basta a fare affari e profitti? Certamente una ridistribuzione, anche per la Cina, porterà degli scompensi. È ancora presto per dire se positivi o negativi. È questa la grande incertezza, la nebbia che da diverso tempo avvolge i mercati internazionali e lascia poco spazio a quelle che sono le politiche di produzione del petrolio e di investimenti sul piano internazionale. Però, ciò che si può dire è che la scena petrolifera europea sta cambiando”.


In che senso?
“Shell sta studiando l’acquisizione dell’ex rivale British Petroleum. Questa è una notizia importante che testimonia come, da questa parte dell’Oceano, qualcosa sta cambiando. E quanto vedremo nelle prossime settimane ci consentirà di fare osservazioni un po’ più accurate su cosa potrebbe accadere”.


Per l’Europa, però, resta il nodo degli approvvigionamenti…
“In realtà, Italia ed Europa non sono messe male perché, tralasciando gli Usa, abbiamo diversificato le nostre forniture di oil&gas su Africa e Medio Oriente. È vero che sono diminuiti i flussi tramite gasdotto, come ha riferito Snam, ma accade perché si sta spingendo di più sul gnl. Tuttavia gli stoccaggi, quest’anno, sono scesi più degli altri anni e bisogna iniziare a rifornire. Siamo nel solito “pericolo” perché continuiamo a campare di approvvigionamento estero. Noi, come Europa, siamo in mezzo a due grandi potenze petrolifere. Una si chiama Stati Uniti, l’altra Medio Oriente. L’Africa dovrebbe essere molto più sviluppata. Speriamo che oltre a Mozambico e Ghana, dove ci sono stati molti investimenti, anche la Libia ci possa dare un valore aggiunto perché resta un partner commerciale, da 40 anni, per l’Italia”.


Che succede in Libia?
“Il “problema” si chiama Saif Gheddafi. Lui ha grosse possibilità di essere eletto nonostante la Corte penale internazionale e in generale gli altri enti della Comunità internazionale possano stopparne la candidatura. In Libia, non dimentichiamolo, ci sono le fazioni, tra Haftar e Tripoli, che continuano a dare sconvolgimenti interni. Nonostante si fosse ripartiti e la produzione libica di petrolio stesse tornando a livelli anche superiori a quelli degli ultimi anni siamo stati costretti, per ragioni di sicurezza, a chiudere i pozzi. Speriamo di poter tornare presto a lavorare e che la situazione, dal punto di vista politico, sociale ed economico, possa finalmente stabilizzarsi”.


Quale è la situazione italiana?
“In ambito energetico, l’Italia è un’auto di lusso che non viene sfruttata al massimo delle sue potenzialità. Siamo al centro del Mediterraneo, ne siamo l’hub, c’è il corridoio del Mediterraneo. Ci sta Cipro, ci sono dei nuovi giacimenti da sfruttare, c’è l’Egitto. Siamo vicini all’Africa ma non ci sono ancora le possibilità per sfruttare al 100% le nostre potenzialità. Speriamo che col piano Mattei, e con questa cabina di regia, si possa andare avanti. La nostra focalizzazione, specialmente sull’Africa, c’è da oltre trent’anni. Abbiamo realizzato grandi cose, abbiamo fatto grandi investimenti per quanto riguarda il gnl però se ci siamo impegnati nei confronti dell’Africa qualche anno fa la conferenza Italia-Africa è giusto che venga data una risposta forte a un Continente che è diventato un Eldorado petrolifero ”.


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