Economia

Dazi, i conti di Sefcovic mentre Trump riapre al Canada

di Giovanni Vasso -

epa12078132 US President Donald Trump (L) greets Canadian Prime Minister Mark Carney at the White House in Washington, DC, USA, 06 May 2025. EPA/WILL OLIVER


S’è sentito in dovere, Maros Sefcovic, di dare (ulteriori) spiegazioni al Parlamento europeo sul tema dei dazi. Non che la sua audizione, alla Plenaria, sia stata convocata d’urgenza dopo il titolone del Financial Times sulla maxi offerta da 50 miliardi di euro presentata agli Stati Uniti affinché ritirasse le minacciate tariffe. No, Sefcovic s’è presentato a Strasburgo dicendo quello che, ormai, l’Ue ci va raccontando da settimane. Ossia che il negoziato è a buon punto, senza però che si sappia quale e quanto buono quel punto sia, e che Bruxelles è pronta anche ad alzare la voce con l’alleato americano. “Abbiamo bisogno che gli Usa mostrino volontà di fare progressi”, ha esordito Sefcovic. Con Washington, ha riferito il commissario Ue al commercio, la via privilegiata è quella di “arrivare a una soluzione negoziata” che rimane l’esito migliore. Ma l’Ue è pronta “ad alternative in caso contrario”. Se le alternative sono quelle che si son viste prima che Trump decidesse di congelare l’applicazione dei dazi, non sembrano proprio esserci grandi motivi per festeggiare né per nutrire fiducia. Sefcovic, poi, ha ripreso la filastrocca di “tutte le opzioni restano sul tavolo” mentre ha sciorinato numeri e cifre. Gli Usa hanno aperto “sei indagini sull’import di legname, sui farmaci, sui microprocessori, inclusi i macchinari per produrli, sui minerali critici e derivati, camion e pezzi di ricambio”. E se tutte finissero con l’imposizione di dazi, “altri 170 mld di euro» di esportazioni Ue verso gli Usa verrebbero colpiti”. Il conto, a questo punto sarebbe salatissimo, pari a “549 miliardi di euro, pari al 97% del nostro export” finirebbe “soggetto a dazi”. Con somma gioia del Fisco Usa che potrebbe raccogliere, secondo i dati di Sefcovic, fino a 100 miliardi l’anno dagli esportatori europei. La soluzione, dunque, è ancora una volta la stessa: accordarsi con altri mercati. Quelli che, solo qualche mese fa, Bruxelles avrebbe voluto stangare (di dazi) con la Carbon Tax. E a cui, adesso, si apre totalmente, senza remore. Sefcovic sottolinea che gli accordi con Messico e Mercosur, per la Ue “offrono opportunità significative”. Ma “c’è ancora lavoro da fare per portarli a compimento: stiamo accelerando in modo marcato i negoziati con l’India, con l’Indonesia, le Filippine, la Thailandia e la Malaysia”. Poi c’è il dialogo con gli Emirati Arabi, infine il lavoro “molto stretto” con l’Angola per “le materie prime critiche”. Gli Usa dei dazi, dice Sefcovic, rappresentano il 13% del commercio mondiale, “non dobbiamo dimenticare il restante 87%”. Come se tutto il resto del mondo stesse aspettando che l’Europa, bella addormentata, si svegliasse e non avesse, intanto, già iniziato a macinare affari con Washington e, soprattutto, con la Cina. Tra Bruxelles e Pechino le cose non vanno granché bene. Si cerca di far pace ma Sefcovic sa molto bene che l’Ue, molto prima di Trump, ha inteso applicare dazi e avviare il “disaccoppiamento” che, soprattutto per l’automotive tedesco che ha perso quote di mercato importanti in Asia mentre vede i concorrenti asiatici rosicchiare ampie zolle di quello domestico, non sta funzionando granché bene. A proposito di Cina, il Segretario al Commercio Usa, Scott Bessent ha affermato che non ci sono colloqui in corso con Pechino. Una volta tanto è l’America a negare che ci siano contatti tra i governi per provare una composizione sul grande tema dei dazi. . Donald Trump, però, la porta non la chiude del tutto e, pur confermando che il dialogo, adesso, non c’è afferma che arriverà “il momento giusto” per un accordo con il Dragone. Nel frattempo, ieri pomeriggio, Donald Trump ha ospitato alla Casa Bianca Mark Carney, nuovo primo ministro canadese, eletto sull’onda del rinnovato patriottismo nel Paese della Foglia d’Acero. “E per merito mio”, ha detto Trump che, scherzando all’arrivo del “collega” gli ha confermato stima dicendogli che “il suo partito stava perdendo e io sono la cosa migliore che potesse capitargli”. Al dirimpettaio, Trump avrebbe ribadito l’offerta di entrare a far parte degli Stati Uniti. Carney gli avrebbe replicato che “ci sono cose che non si possono comprare”, al che il presidente americano gli avrebbe risposto: “Questo lo dirà il tempo”. Quel che è certo è che la Casa Bianca vorrebbe rinegoziare l’accordo commerciale Usmca, che ha sostituito dal 2020 l’intesa Nafta tra Usa, Messico e Canada. “È stato molto efficace, ma era una fase di transizione. Non so se sia ancora necessario, ma ha avuto una funzione importante”, ha affermato The Don. Intanto l’ultima polemica, negli Stati Uniti, riguarda una nota di colore legata proprio ai dazi. Con l’applicazione delle tariffe, Mattel ha affermato che ci saranno meno Barbie in circolazione e saranno poste in vendita a prezzi più alti.


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