Cronaca

Ddl femminicidio: “Partire dalle radici della violenza”

di Priscilla Rucco -


Nel nostro Paese, mediamente ogni due giorni avviene un femminicidio e per quanto il problema sia entrato nella quotidianità della cronaca nera, troppo spesso, la violenza di genere viene tollerata, ignorata e talvolta sottovalutata, quasi sia normalità. E’ fondamentale ricordare che i maltrattamenti si possono nascondere sotto molteplici facce. Il ricatto economico, per esempio, crea una subordinazione che lega la donna all’uomo dall’impossibilità di essere indipendente così da rimanere sotto il controllo del denaro -che viene gestito dall’uomo, anche se si tratta dello stipendio della compagna-. Psicologica, una violenza sottile e dolorosa che umilia e annienta l’anima della donna rendendola insicura, che ferisce, che toglie ogni volontà di reazione, mettendo a dura prova anche la salute mentale. Il maltrattamento fisico, che è una diretta conseguenza delle precedenti manifestazioni, non lascia solo i segni sul corpo, ma attraverso di esso, si può arrivare ad essere uccise. Dietro queste condotte brutali, c’è molto spesso la violenza assistita, denominata così perché vissuta dai minori nell’ambito di famiglie disfunzionali. Il riconoscimento dell’aggressività che può sfociare attraverso ogni abuso è fondamentale per individuare il problema e cercare di uscire dallo spiraglio della sottomissione e della violenza di genere. Abbiamo avuto l’onore di intervistare la senatrice di Fratelli di Italia, Susanna Donatella Campione, Membro dal 2023 della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza, correlatrice del d.d.l. femminicidio che è stato approvato in questi giorni al Senato (ora al vaglio della Camera).

Senatrice Campione, cosa è successo al Senato, quando ha visto 161 luci verdi accendersi?

“L’emozione è stata grande. Vedere l’aula unita su un provvedimento così importante e’ stato un chiaro segnale della volontà di tutti i gruppi politici che siedono in Senato di unire le forze nella lotta alla violenza contro le donne. Basti dire che in aula le opposizioni avevano presentato soltanto ordini del giorno che sono stati in gran parte approvati e un solo emendamento di Italia Viva che e’ stato poi ritirato. Segno della condivisione del provvedimento da parte di tutti”.

Nella sua carriera di avvocata, quale è il timore che ha riscontrato maggiormente nelle donne che hanno subito violenza?

“La vergogna, la paura dell’uomo violento e il timore di non essere credute. Questi sono molto spesso i motivi che inducono le donne a non sporgere denuncia. Le case rifugio in questo senso svolgono un compito fondamentale così come i centri antiviolenza. E’ importante anche la formazione del personale sanitario del Pronto Soccorso che è il primo luogo in cui si reca la donna che ha subito abusi. La donna abusata, spesso, per paura, non riferisce la vera causa delle lesioni che ha riportato, per questo il medico deve saper riconoscere i segni della violenza anche quando la donna attribuisce ferite e lividi a una caduta dalle scale o a un incidente domestico. E’ necessaria anche la specializzazione della polizia giudiziaria e dei magistrati che devono riuscire a far emergere il quadro complessivo dei maltrattamenti subiti dalla denunciante”.

Fatta la legge, però il problema non viene risolto. Da dove si deve partire?

“Il provvedimento che abbiamo approvato e che ora passa alla Camera e’ un grande passo avanti a cui dovrà seguire un lavoro capillare che veda protagonisti famiglie, scuole e istituzioni per diffondere la cultura del rispetto, educazione all’empatia, comprensione della differenza tra amore e violenza. Troppo spesso si sentono ragazze affermare che il fidanzato e’ violento perché le ama e non distinguono un gesto d’amore da un gesto di violenza”.

Perché, secondo lei, molte persone considerano il termine femminicidio inutile, perché rappresenta comunque un omicidio?

“Da molte parti si è sostenuto che non fosse necessario creare il reato di femminicidio come fattispecie ad hoc. Ma il fenomeno dilagante ha dimostrato che le donne troppo spesso vengono uccise in quanto donne, per odio, discriminazione, per il rifiuto di proseguire una relazione o di iniziarla. Questa condotta doveva essere configurata e sanzionata. La violenza dell’uomo sulla donna è da ricondurre alla fragilità maschile, al senso di inadeguatezza che alcuni uomini avvertono nei confronti delle donne. L’uomo forte e consapevole non violenta, non aggredisce, non uccide. La violenza è l’estremo rifugio degli uomini che non hanno altre risorse e che si sentono inadeguati di fronte a una donna forte e capace. Le donne nei decenni passati hanno fatto grandi passi avanti nella conquista di diritti e nella consapevolezza del proprio valore e da alcuni uomini tutto questo è percepito come sfida, minaccia”.

Che cosa si sente di dire a tutte le donne che stanno vivendo l’incubo chiamato violenza?

“Alle donne che subiscono violenze dico che non devono vergognarsi o avere paura di denunciare ciò che subiscono. Far emergere la violenza e’ il primo passo verso l’uscita dal tunnel, l’ordinamento mette a loro disposizione strumenti efficaci per difendersi che con questo nuovo disegno di legge vengono potenziati e soprattutto dico loro che in questo percorso non sono sole, lo Stato e’ dalla loro parte”.


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