Esteri

DeSantis sfida Trump per la Casa Bianca

di Rita Cavallaro -


La sorpresa di Midterm arrivata ed è Ron vs Don. L’onda rossa è lo tsunami Ron DeSantis, perché non solo l’italo americano è stato rieletto governatore della Florida, ma il suo trionfo ne ha decretato la vittoria-lampo. A urne appena chiuse, i 20 punti percentuali di vantaggio sullo sfidante democratico Charlie Crist erano così insormontabili che Ron si è presentato alle 9 di sera davanti a una marea di sostenitori in festa a Tampa, scegliendo un orario che, come il nostro prime time, tocca le punte più alte di share. DeSantis è salito sul palco per ringraziare gli elettori che lo hanno acclamato a furor di popolo, a differenza di quattro anni fa, quando aveva preso la Florida con un distacco minimo di circa 30mila voti e un riconteggio. Stavolta il governatore è riuscito in un’impresa impossibile per i repubblicani: espugnare le due contee storicamente blu. Ron ha conquistato Miami-Dade, segnando il solco sui latinos che, da vent’anni, votano democratico e ha fatto cadere l’ultima roccaforte progressista ultra ricca di Palm Beach. E allora quel palco, per lui, è il trampolino di lancio verso la Casa Bianca, l’occasione imperdibile per parlare alla Nazione a aprire la sfida per le presidenziali del 2024. Sotto l’egida dello slogan “Freedom lives here”, che tradotto vuol dire “Qui c’è la libertà”, DeSantis ha definito la sua vittoria “uno storico successo a valanga. Abbiamo rispettato le promesse, agito in base al principio legge e ordine, protetto i diritti dei genitori a scuola, respinto l’ideologia woke (dem, ndr). Abbiamo riscritto la mappa politica”, ha detto. Poi ha chiamato sul palco la moglie Casey, una donna che incarna il prototipo della reginetta di bellezza ma con il cervello da ex conduttrice dei notiziari tv e, soprattutto, della mamma che, portando per mano i tre figli Madison, Mason e Mamie, regge il sogno americano della famiglia della upper class tra copertine patinate e serate di beneficienza. Questo è il modello Ron. “Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a grosse sfide per la gente del nostro Stato, per i cittadini degli Stati Uniti e soprattutto per la libertà e abbiamo scelto i fatti invece che la paura, l’istruzione invece che l’indottrinamento, legge e ordine invece che sommosse e disordine. La Florida è stata il rifugio dell’integrità mentale quando il mondo è impazzito. Siamo diventati una cittadella della libertà per la gente di questo paese e del mondo”, ha detto DeSantis, sottintendendo così le scelte coraggiose che il governatore ha portato avanti per tutta la pandemia, quando si è rifiutato di applicare restrizioni anti-covid. Il risultato è stata una crescita economica senza precedenti, in quella che era la quarta economia più grande degli Stati Uniti e che si attesta ora come una realtà in espansione eccezionale, in controtendenza con il declino del resto degli States, attanagliati dalla politica della sinistra e da “uno spaventoso incremento del crimine, tasse alle stelle, autoritarismo medico e abbandono dei valori americani fondamentali”, ha sottolineato. Un lungo discorso, quello di Ron, ma con un grande assente: non ha mai nominato Donald Trump. Ed è con il suo silenzio che DeSantis lancia la sfida diretta a Don per la leadership del Gop. Perché se il Tycoon è colui che, nel 2018, aveva fatto l’endorsement al deputato, che non riscuoteva grande appoggio nel partito, e l’aveva elevato a “leader brillante e giovane”, oggi quel padre politico troppo imbarazzante non è più il punto di riferimento di Ron, il quale viene visto come l’anti-Trump e definito perfino dal Financial Times “un Trump con cervello e senza drammi”. Tanto da guadagnarsi le ire di The Donald, che in privato lo chiama “ingrato” e continua a ripetere “l’ho creato io”. Insomma, anche se il Tycoon non lo ammette, sa che Ron è il suo nemico numero uno, perché è amato non solo dagli esaltati in salsa Capitol Hill, ma dagli ispanici e dai portoricani, che lo hanno votato, dagli imprenditori con le aziende in crescita e dal popolo conservatore, stufo del politically correct dem. Ron è l’espressione più moderna del Gop, il nuovo che si sostituisce al vecchio perché il mondo cambia e gli Usa devono combattere per la supremazia globale. E con i venti della guerra nucleare non si può sbagliare. Se le posizioni di Trump, propenso ad aprire a Putin, creano imbarazzo nel partito, la linea del governatore del Sunshine State, a favore di sanzioni più dure contro la Russia, è percorribile. Tra le battaglie di Ron, oltre al baluardo della libertà contro il coronavirus, c’è quella contro la “critical race theory”, la teoria che vede la disuguaglianza tra le etnie parte integrante della società americana. DeSantis ne ha vietato l’insegnamento nelle scuole e ha poi firmato una legge per proibire le discussioni su orientamento sessuale e identità di genere dall’asilo alle elementari. Un provvedimento contro il quale si è levata perfino la Walt Disney. Il governatore è andato a scontro duro con il colosso dell’intrattenimento e ha vinto, mettendo fine ai privilegi fiscali dell’azienda a Orlando. Ancora le posizioni contro l’aborto: subito dopo la sentenza Roe v. Wade della Corte Suprema, ha vietato l’interruzione della gravidanza in Florida dopo le 15 settimane. E l’immigrazione clandestina, con i due voli carichi di “risorse” inviati nell’isola di Martha’s Vineyard, in Massachusetts, considerata dal presidente Joe Biden e anche dall’ex Barack Obama l’oasi dei vip liberal. Una linea, quella di Ron, che gli elettori hanno sposato in toto e adesso il vincitore è già in campagna elettorale, per la sfida alla Casa Bianca e al patrigno da battere alle primarie.


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