Economia

DESERTO EUROPA

di Giovanni Vasso -


Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato Europa. L’industria Ue ha paura. Non solo più le piccole e medie imprese a tremare, no. Le grandi multinazionali europee hanno preso carta e penna e, in una lettera indirizzata alla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, riferiscono che l’incubo di una desertificazione industriale europea, con annessa fuga di talenti, cervelli e capitali, è molto più che uno spettro. I costi dell’energia da un lato, la strategia aggressiva e protezionista che Washington ha inaugurato con l’Inflaction Reduction Act, pendono sulla testa delle imprese europee come una spada di Damocle, anzi due. E il pericolo, per i lavoratori in tutto il Continente, sarà quello di perdere il proprio impiego.
L’Adn Kronos ha pubblicato il contenuto di una lettera che l’Ert, l’European Roundtable of Industrialists, una sorta di Confindustria su scala continentale, ha inviato a Bruxelles. Nel documento sono elencati, punto per punto, i problemi dell’industria europea. E le prospettive per il comparto sembrano a dir poco fosche: “I prezzi dell’energia in crescita stanno attualmente causando un allarmante declino della competitività dell’industria europea”, ammettono gli industriali Ue che spiegano come i costi in aumento stiano “rimuovendo rapidamente le basi della nostra capacità di raggiungere obiettivi coraggiosi di decarbonizzazione”. L’allarme è netto: secondo l’Ert, ci troviamo “alla vigilia di una recessione economica”, dovuta al leakage energetico (ossia la concorrenza, su scala globale, dovuta ai costi inferiori della materia prima energetica) e alla conseguente deindustrializzazione.
La situazione è drammatica, ora bisogna agire per “evitare la perdita irrimediabile di una parte vitale del tessuto industriale e tecnologico europeo, in settori fondamentali, come acciaio, alluminio, vetro, chimica, cemento e cemento, che stanno già soffrendo la riduzione e anche la cessazione permanente dell’attività”. La posta in gioco è alta: “per limitare la perdita di posti di lavoro e di competenze in Europa e per aumentare la competitività del continente, serve un grande piano per il futuro che superi la modalità di mera sopravvivenza”. Non sarà facile, perché l’Ira di Biden sta avendo successo, a detrimento della stessa Europa: “ L’Inflation Reduction Act – scrivono i vertici Ert – funziona come una vera calamita, che attrae investimenti verdi dalle società europee negli Usa. È ora molto più difficile perorare la bontà della scelta di effettuare investimenti in Europa, cosa che minaccia anche l’obiettivo dell’autonomia strategica”. Lo stallo, dunque, è servito. Anche perché, finora, lamentano gli industriali, l’unica cosa che Bruxelles ha saputo escogitare per resistere all’offensiva protezionistica americana consiste nell’allentamento della disciplina sugli aiuti di Stato. Più che una strategia, una pia illusione. Che potrebbe presentare un conto salatissimo e sfasciare il mercato unico europeo. Che, secondo gli industriali, andrebbe ulteriormente liberato. L’Ert ha calcolato che con la rimozione delle barriere nazionali in materia di digitale, energia, ambiente e capitali, si libererebbero risorse per oltre 700 miliardi di euro.
Si tratta di un ammontare pari a quello del Next Generation Ue, il piano di ammodernamento infrastrutturale e non solo, varato da Bruxelles per far ripartire l’Unione dopo lo choc della pandemia Covid.

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