Attualità

Di cosa si è parlato al convegno USPI su informazione, politica e social

di Redazione -


Libertà di stampa e qualità dell’informazione ai tempi dei social, necessità di difendere il giornalismo e la sua indipendenza dalle derive interne ed esterne, dittatura dell’algoritmo,  Far Web e strapotere dei colossi del web, urgenza di una normativa idonea a gestire il nuovo ecosistema mediatico in sostituzione dell’ormai “archeologica” legge 69/1963, la legge sul giornalismo istitutiva, tra l’altro, dell’Ordine: sono stati questi alcuni degli argomenti che hanno tenuto banco al convegno “Informazione, politica e social: tra diritti e responsabilità etica” di recente organizzato in presenza dall’Unione Stampa Periodica Italiana (USPI) nella sala stampa della Camera dei Deputati e trasmesso in diretta streaming sulla web-tv di Montecitorio. Carlo Parisi, direttore di “Giornalisti Italia”, attento ed autorevole coordinatore del dibattito, aprendo i lavori ha rapidamente passato in rassegna gli  elementi di trasformazione che da qualche tempo caratterizzano la professione del giornalista. “L’avvento dei social”, ha sottolineato Parisi, “ha trasformato il settore dell’informazione. La grande battaglia è oggi quella di riuscire a tenere alta la bandiera della qualità dell’informazione con delle regole precise ma soprattutto con una professionalità che può derivare solo dalla difesa dei principi etici e deontologici”.

Francesco Saverio Vetere, segretario generale dell’USPI, ha messo a fuoco il concetto di difesa della libertà di stampa in relazione alle profonde trasformazioni introdotte nel settore dalla rivoluzione digitale. In passato, ha sottolineato Vetere, la libertà d’informazione dei giornalisti e degli editori è stata insidiata sin dalle origini sia dal controllo invasivo delle istituzioni sia dall’equivalente invadenza da parte degli operatori economici e dei centri finanziari. Non di rado questi ultimi hanno persino fatto il loro ingresso nel settore dell’editoria attraverso la figura del cosiddetto editore impuro. Ai giorni nostri il rapporto della stampa non è solo nei confronti delle istituzioni e dei poteri economici che cercano di condizionarla né si situa a livello nazionale con una legislazione univoca per ogni singolo Stato. “Il sistema dell’informazione è attualmente determinato dalla presenza di players a livello mondiale che detengono i mezzi di produzione e di diffusione dell’informazione nel mondo”. Il recente “caso Google” in Australia è da ritenersi in tal senso emblematico. Di fronte a simili situazioni del tutto inedite non valgono più le categorie tradizionali con le quali si affrontavano fino a pochi anni or sono i temi della libertà di stampa. Di fronte a fenomeni così estesi, fulminei e insieme persistenti e dinamici è impensabile che ogni Stato produca, in tempi tra l’altro presumibilmente non brevi, proprie norme che peraltro non riuscirebbero a prevedere tutte le fattispecie che le dinamiche della rete producono di continuo senza sosta. Occorre pertanto chiedersi quale possa essere la forma più corretta e più efficace per tutelare la libertà di stampa in questo dinamico contesto globale. Di certo non costituisce una valida soluzione dei problemi affidarsi alla buona volontà dei protagonisti dell’informazione. Secondo Vetere vi sono al momento due possibili soluzioni che vanno approfondite col contributo di tutti gli operatori per poi proporle nelle sedi appropriate. Si potrebbe creare ad esempio un sistema di Autorità a livello sovranazionale con precise garanzie d’indipendenza rispetto agli stati nazionali e alla politica, munito dei poteri efficaci, normativi e d’intervento; oppure occorrerebbe elaborare un sistema generale di valori valido in tutti i Paesi in cui ci siano chiari principi declinati da affidare alla giurisprudenza dei singoli Stati per il loro rispetto. Sono questi, secondo il segretario generale dell’USPI, i temi coi quali il sistema dell’informazione dovrà  misurarsi nei prossimi anni. Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha esordito con alcune fondamentali domande: come si sta muovendo l’Ordine nel mutato scenario mediatico? quanto è importante essere giornalisti oggi? A seguito della rivoluzione ed evoluzione del settore, come vengono retribuite e inquadrate le nuove mansioni nell’informazione?  “Pur apprezzando quello che sta facendo Google in questa fase,” ha affermato Verna, “pretendiamo di più in termini di trasparenza di dati e di accesso al funzionamento degli algoritmi”. Per quanto riguarda la necessità di una nuova legge sul giornalismo, che contenga la regolamentazione delle novità intervenute dal 1963, Verna ha poi citato una serie di richieste, da indirizzare al legislatore, contenute in uno studio effettuato dall’Ordine in collaborazione con l’Università di Napoli dal titolo “I nuovi percorsi delle notizie”. Il Senatore Primo Di Nicola, vice presidente della Commissione per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi del Senato, ha affrontato altri aspetti e problemi cruciali dell’editoria e del giornalismo toccando con impietosa schiettezza un nervo scoperto dell’informazione nel nostro Paese. “In Italia,” ha affermato non senza preoccupazione Di Nicola, “per quanto riguarda la corretta informazione al cittadino siamo in una vera e propria emergenza democratica”. Il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente, secondo il senatore, costituisce il vero e proprio punto cruciale della questione che ruota intorno alla crisi e alla funzione attuali della libertà di stampa. Questo, “al di là delle contrapposizioni giornalista-editore-piattaforma che caratterizzano il mercato”. Pur partendo dal presupposto che media ed informazione vanno correttamente considerati “merce” e come tali debbano realisticamente essere competitivi, “in Italia”, ha insistito Di Nicola, “il sistema dell’informazione è caratterizzato da ‘commistioni terribili’ tra informazione e politica e tra informazione ed economia. Purtroppo non esiste più, se mai è esistito, l’editore “puro” né sul fronte dell’editoria privata né su quello pubblico (RAI). Sul fronte dell’editoria privata, ha proseguito Di Nicola, “è amaro constatare come in  Italia non sia possibile fare l’imprenditore se non si possieda un giornale”. Stesso disinteresse verso l’informazione corretta è da rilevarsi nell’informazione cosiddetta “pubblica”. Anche in tal caso gli editori  “non sono interessati a fare un prodotto competitivo perché al primo punto ci sono i loro interessi particolari”.  Ciò è ormai noto a tutti e ovviamente scredita il sistema. Secondo Di Nicola, in sintesi, “la presa mortale della politica dei partiti  sul sistema pubblico dell’informazione non ha niente da invidiare ai vizi e ai peccati originali  che a monte screditano l’editoria privata”.

Massimiliano Capitanio, deputato, segretario della Commissione per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi della Camera dopo brevi cenni sul rapporto giornalismo-piattaforme digitali, sulle fake news e sui casi Trump e Forza Nuova si è soffermato sulla necessità di educare i giovani ai media per evitare di abbandonare il monopolio dell’informazione ai grandi player creando un nuovo totalitarismo. Capitanio ha anche insistito sulla necessità dei “corrispettivi” da riconoscere ai giornali da parte delle varie piattaforme e sull’importanza della formazione per i giornalisti  e per i blogger. Marco Scialdone, docente di diritto e gestione dei contenuti e servizi digitali dell’Università Europea di Roma, partendo dall’oscuramento dei profili social di Trump e citando, per quanto concerne l’Italia, una sentenza della Cassazione del 2014 in merito alla configurazione di fatto, e giuridica, delle piazze virtuali, ha inquadrato correttamente il problema della regolamentazione dell’accesso ad esse e dell’espulsione dalle medesime richiamando il principio che non si possa  lasciare al privato la regolamentazione di un sistema del genere. L’UE, ha sottolineato Scialdone, ha lanciato in proposito il Digital Service Act, ”una norma che non interviene nella regolamentazione della piattaforma ma disegna una cornice in cui la piattaforma si muove”. Diego Ciulli, public policy manager di Google, riprendendo la stessa questione affrontata da Scialdone, cioè  quale soggetto, pubblico o privato, debba provvedere all’esclusione dai social, ha espresso il parere che servano regole e soggetti terzi per stabilire chi nei social debba starci e chi no evitando peraltro di attribuire sul tema troppa responsabilità alle piattaforme. Sul terreno connesso delle informazioni e delle fake news Ciulli ha precisato che Google investe molto (attualmente 1 miliardo) su questo fronte e che il buon funzionamento del motore di ricerca serve proprio a selezionare l’informazione di qualità e quindi anche a scoprire le bufale.

In merito alla recente normativa australiana, Ciulli è stato perentorio: “L’idea che si debba pagare per pubblicare dei link”, ha affermato, “ è pericolosa, anzi ‘è la fine di internet’” e della libertà di cui internet è strumento ed espressione”. In internet, secondo Ciulli, si deve rimanere “liberi di linkare”. “Se bisogna pagare, il piccolo è tagliato fuori dalla competizione”, non può competere coi grandi che pagano. Internet libero, per Google e per Ciulli, è dunque un principio da salvaguardare e per questo principio passa anche, nella visione di Google, la sostenibilità del sistema giornalistico. Nel rigoroso rispetto delle norme anti-Covid, erano presenti al dibattito alcuni addetti ai lavori tra i quali l’on. Federica Zanella, giornalista, e la direttrice dello storico periodico di Marsala “Il Vomere”, Rosa Rubino, consigliere nazionale USPI nonché consigliere della Fondazione Sicilia. Quest’ultima ha sottolineato come dall’incontro promosso dall’USPI siano emersi “preziosi contributi e spunti di riflessione sugli argomenti trattati che, come ha sottolineato il Segretario Generale Vetere, saranno gli argomenti dei quali dovremo occuparci nell’immediato futuro e forse anche negli anni a venire”.

 Paolo Gatto

 


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