Politica

“DI LOTTA E DI GOVERNO” VALEVA PER IL PCI NON PER LA LEGA

di Redazione -


“Io ascolto tutti ma poi decido io”! Di Matto Salvini, che senza alcun imbarazzo l’ha pronunciata, Pietro Metastasio direbbe “voce dal sen fuggita” e che ricorda molto l’agosto di due anni fa quando il segretario della Lega si lasciò andare alla richiesta dei pieni poteri! E sappiamo come andò a finire… Eppure, allora, i sondaggi accreditavano il Carroccio di percentuali che si avvicinavano al 40 per cento. Oggi quei consensi si sono dimezzati e nel Partito ci si chiede se l’ambiguità della politica del Segretario tra l’occhieggiare ai No Vax e al tempo stesso far parte di un “governo degli opposti, come lo definisce Carlo De Benedetti, sia una scelta “pagante”. Da febbraio, quando è nato l’Esecutivo guidato da Mario Draghi, ad oggi la Lega ha perso 4 punti e mezzo finendo dietro al PD e a Fratelli d’Italia e suscitando dubbi e perplessità fra i molti parlamentari che temono di essere falcidiati alle prossime elezioni. E qualcuno si interroga se il sacrificio ne valga la pena. “Se a fine anno saremo sotto il 15 per cento – ci si chiede – Matteo che fa? Continua a fare il gradasso mentre Meloni ci divora? Diciamo che a Salvini manca lo spessore culturale di Enrico Berlinguer, necessario per guidare un partito, il PCI, che restasse all’opposizione pur non ostacolando pregiudizialmente, su specifici temi, l’azione di governo. La formula valida in un particolare difficile momento non è però sempre replicabile, soprattutto se non si ha alle spalle una storia “importante” come quella del partito comunista italiano e un leader, appunto, come Enrico Berlinguer. E non solo. In quella stagione – siamo nella prima repubblica – un’intera classe dirigente, di gran valore, di “quel” partito condivise le scelte e la linea politica del suo segretario senza che questi dicesse “qui decido io”. Oggi non è così, anche per la “pochezza” dei suoi interpreti. Né la Lega né Matteo Salvini hanno la caratura per scimmiottare una formula che consentì all’Italia di affrontare con successo una piaga come il terrorismo. Certo, ci furono anche allora errori e “distinguo” ma l’impalcatura democratica resse. Oggi i tempi sono cambiati ma sono cambiate anche le qualità degli interpreti. E lo si è toccato con mano nel modo disarticolato e confuso con il quale un Partito che ha preso disinvoltamente in prestito la formula “di lotta e di governo” ha gestito la pandemia: con un occhio alle misure, costretto ad assecondare per affrontarla, e l’altro ben attento al proprio tornaconto elettorale, agli interessi di bottega. Parliamo della Lega e del suo segretario Matteo Salvini che nella lotta al Covid hanno avuto – ed hanno ancora – comportamenti ondivaghi e di comodo, specchio di un Partito che in questi ultimi anni ha detto tutto e il contrario di tutto: federalista, indipendentista, berlusconiano, prima il Nord, prima gli italiani. E ancora: europeista ma sovranista ed anche filorusso. E ci si chiede perché perde consensi?

PdA


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