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Di Maio fugge da Pomigliano, sceglie le “macerie” di Kiev

La partita per l’uninominale a Napoli è sempre più accesa, ma il leader di Iv preferisce la visita istituzionale a Zelensky.

di Edoardo Sirignano -

LUIGI DI MAIO MINISTRO, VOLODYMYR ZELENSKY PRESIDENTE DELL'UCRAINA ©imagoeconomica


Di Maio scappa da Pomigliano e va in Ucraina. Il leader di Impegno Civico, nel pieno della campagna elettorale, lascia il collegio in cui è candidato all’uninominale e fugge dal leader ucraino Volodymyr Zelensky. Per l’ape meglio le macerie della guerra che trovarsi sotto il fuoco di avversari, sempre più agguerriti e decisi nel strappargli un seggio, ambito e non poco a quelle latitudini. Ecco perché Gigino mantiene i panni da titolare della Farnesina, smarcandosi da chi invece nell’esecutivo Draghi preferisce indossare quelli da militante. Il messaggio è non mettere in dubbio una riconferma, che in verità non è affatto scontata. A dirlo non i sondaggi, ma i malumori presenti sul territorio. In politica non sempre si può improvvisare. Non basta il sostegno di Letta e dello storico apparato dem per garantire sogni d’oro al nativo di Avellino. Nel Pd partenopeo c’è più di qualcuno che solo a parole lo sostiene. Ecco perché meglio dare rassicurazioni e stringere mani in giro per il pianeta in giacca e cravatta e non in t-shirt come l’ex alleato Salvini. Differenza rimarcata anche nei post delle ultime ore in cui viene appunto ritratto il leader del Carroccio al fianco del numero uno del Cremlino seguito dallo slogan: “La Lega protegge Putin e abbandona gli italiani”. Il rumore di Facebook, però, non basta a frenare la marcia di chi pensa di guastare la festa di Ic. Mara Carfagna, forte del disimpegno di un tale Vincenzo De Luca, vuole fare il pieno tra i moderati. Le simpatie dei centristi sono difficili da conquistare. Per Di Maio non basta neanche la presenza al funerale di De Mita. La politica salernitana, nei fatti, può pescare in due bacini: cattolici Pd e berlusconiani. Le sciabolate lanciate dall’ormai ex coordinatore azzurro Domenico De Siano sono più di un semplice monito. A questo, poi, bisogna aggiungere il dilemma Cesaro. Le storiche truppe cammellate di Fi potrebbero dirigersi non solo in casa centrodestra. Non basta dire che in quel collegio c’è l’ex zarina Mariarosaria Rossi, a mettere insieme un mondo, caratterizzato da delusioni, mal di pancia e protagonismi. Vantaggio per la rappresentante di “Noi Moderati”, invece, sarebbe la svolta moderata della Meloni, che genera entusiasmo tra i simpatizzanti di quella che una volta si chiamava monarchia. Sotto il Maschio Angioino il termine destra ha sempre avuto un fascino particolare.
Non basta, dunque, il sostegno del sindaco di Napoli Manfredi a rasserenare Gigino. Diversi pezzi di quel mondo sono orientati a votare, nel segreto delle urne, l’ex ministro dell’ambiente e candidato del Movimento Sergio Costa, simpatico e non poco alla sinistra partenopea. I veri compagni non vedono di buon occhio la trasformazione dimaiana in chiave Dc. Gigino, stile Andreotti, non sembrerebbe essere visto di buon occhio a Pianura, Forcella e Scampia, quartieri dove il malcontento per i giochi di palazzo è al massimo storico. Il cosiddetto voto di protesta, pur essendo più difficile da intercettare per i gialli rispetto al 2018, certamente non sembra orientato verso il nuovo figlioccio politico di Tabacci.


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