Attualità

“Disastro ambientale” alla Solvay di Spinetta, due manager in aula

di Ivano Tolettini -


I timori per l’ambiente e la salute nell’area del polo chimico di Alessandria rimangono inalterati. Del resto nelle 87 pagine della sentenza della Cassazione del 2020 che respinge tutti i ricorsi e conferma la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino che condanna anche gli ex vertici dello stabilimento Solvay Speciality Polymers Italy situato nella frazione di Spinetta Marengo, per il grave inquinamento della falda, si scrive che “si prefigura il completamento della bonifica nel 2029”. Di certo, per adesso, c’è che all’attenzione del tribunale di Alessandria c’è un nuovo caso di presunto disastro ambientale per il quale il gup dovrà esprimersi a breve sulla richiesta di rinvio a giudizio di due direttori dell’impianto della multinazionale belga, Stefano Bigini e Andrea Diotto, che non avrebbero provveduto all’efficace risanamento della pregressa contaminazione. Un avvelenamento che riguarda non solo il sito, perché non è stato eseguito quel sicuro contenimento del rilascio dei contaminanti, ma quel che più è grave – secondo la Procura – anche la falda sottostante lo stabilimento dove sarebbe stata verificata una “diffusa e cospicua concentrazione di Pfas” a valle del polo chimico e nelle acque sotterranee, com’è stato messo in luce dall’Arpa di Alessandria che ha depositato i risultati ai magistrati, in base ai quali hanno promosso l’azione penale.
Nella sentenza del 2020 in cui si prevede il completamento della bonifica entro il 2029 si specifica che gli interventi attuati dalla Solvay “erano stati insufficienti” e che dal 2004 al 2016 erano stati spesi in tutto 37 milioni di euro per la caratterizzazione del sito, la progettazione della bonifica, la realizzazione degli interventi e la manutenzione della rete idrica. “L’Arpa – scrivono i magistrati a pagina 5 – individuava una delle principali cause d’inquinamento dell’acquifero nell’enorme massa di residui di lavorazione contenenti cloro e altri metalli pesanti ammonticchiati per lunghissimi anni nelle discariche site nello stabilimento (autorizzate solo per rifiuti specili e non per rifiuti tossico-nocivi)”. Per i giudici da parte delle due aziende (Ausimont e Solvay) che si sono succedute nella gestione del polo chimico dal 2000, c’è stata la “chiara volontà di edulcorare o di omettere i dati relativi all’inquinamento per far apparire la situazione della falda acquifera interna ed esterna migliore rispetto a quella reale”. Insomma, per la Corte di secondo grado una “colpevole sottovalutazione del fenomeno volta a ridurre quello che occorreva apprezzare come disastro ambientale concausato dalla gestione attuale (Solvay), ma erditata da altri (Ausimont)”. Da ricordare che con la sentenza passata in giudicato nel 2020, la Corte d’Appello di Torino oltre ad avere rideterminato in 1 anno 8 mesi di reclusione la pena inflitta a ciascuno tre alti dirigenti del sito industriale di Spinetta Marengo per avvelenamento colposo, ha condannato la Solvay come responsabile civile e al risarcimento delle spese sotenute dal ministero dell’Ambiente, Legambiente, Medicina Democratica, Cgil, Associazione Due fiumi, WWf Italia e da altre parti civili. Ebbene, a distanza di alcuni anni, nonostante la bonifica in atto, in presenza dei periodici campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo per i monitoraggi dell’Arpa che rilevano la costante presenza degli “inquinanti storici”, “all’esterno del sito, nel livello più superficiale della falda, si conferma la presenza di contaminanti lungo la direzione del deflusso di falda oltre l’area della barriera idraulica”, come scrive l’Arpa di Alessandria. Dunque, si segnalano superamenti dei limiti di legge per i parametri “cromo VI, cromo totale, cloroformio, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene e tricloroetilene”. I carabinieri del Noe, come nel febbraio 2021, verificano il presunto sversamento di sostanze inquinanti. Anche perché, come osserva il ministero dell’Ambiente in una nota di tre anni fa, “se da un lato Solvay procedeva alle attività di bonifica, dall’altro sperimentava e utilizzava nuovi prodotti chimici nel ciclo produttivo, tra questi ha una significativa importanza il componente C604”, che è il nome di fantasia della molecola che fa parte della famiglia dei Pfas, brevettato da Solvay per sostiuire i Pfoa, “bandito dalle autorità internazionali perché inquinante”.


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