Economia

Disco rotto Lagarde

di Cristiana Flaminio -

CHRISTINE LAGARDE BCE


Basta il calo dei prezzi dell’energia e l’inflazione va giù. Ma non ditelo a Christine Lagarde che, a differenza di Mary Poppins, dalla sua borsetta senza fondo sa pescare solo rialzi dei tassi d’interesse, rigore e parole vagamente minacciose. Che fanno infuriare, una volta di più, gli industriali italiani. Che, dopo aver dovuto salutare anche solo la speranza di un nuovo fondo sovrano Ue per reindustrializzare il continente, adesso lanciano, anzi ribadiscono, che sull’Europa incombe lo spettro della recessione.

L’UOVO DI COLOMBO

L’Istat ieri mattina ha snocciolato i numeri sull’inflazione italiana. Su base mensile è aumentata di uno sparutissimo decimale. Il dato interessante riguarda la proiezione annuale che si “ferma” al 10%. Si partiva dal +11,6% di dicembre. Merito delle ricette ultra-restrittive della Bce? No. Per gli analisti, il crollo dell’inflazione è dovuto al “forte rallentamento” del prezzo dei beni energetici regolamentati (oggi al -12% dopo essere saliti del 70,2%) e “in misura minore” al costo di quelli non regolamentati. Insomma, vanno giù i prezzi delle bollette e carburanti, scende l’inflazione. Sta succedendo proprio ciò che dicevano le “colombe”, furiosamente zittite dal rigore ideologico dei falchi di Francoforte. L’inflazione non è aumentata, in Ue, per ragioni sistemiche come negli Usa. Ma per il contraccolpo della crisi energetica. Seguire la stessa ricetta della Fed, forse, non era la soluzione migliore.

LA SCELTA DI CHRISTINE

Negare sempre. Christine Lagarde non può certo dar ragione a chi le chiedeva un approccio più misurato sul costo del denaro. A maggior ragione, non può farlo dopo aver imposto – anche a marzo – un ulteriore aumento di cinquanta punti base. Dalla fredda Finlandia, Lagarde ha intonato la solita canzone. Ha ripetuto il ritornello dell’inflazione da riportare al 2%, ha riconosciuto che l’inflazione sta scendendo e ha flautato la solita apertura affermando che “quello che verrà dopo dipenderà dai dati, dall’inflazione, dal costo del lavoro”. Già, perché la filastrocca è sempre la stessa: non si possono alzare i salari per far fronte all’aumento del carovita. Se lo mettano in testa, le piazze europee. Poi, Lagarde, intona l’acuto: “Tutti prevedevano una recessione nel quarto trimestre, non si è verificata e non vediamo alcun paese salvo la Svezia in recessione nel 2023. Per il momento, in base alle ultime previsioni, sembra che tutti i paesi dell’Ue dovrebbero evitare la recessione”. Tutti, tranne la Svezia.

IN-SOSTENIBILITÀ

Gli industriali italiani temono di essere i prossimi. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, è deluso. E da Savona, dove si è tenuta l’assemblea locale degli industriali, ha criticato con forza le scelte di Ue e Bce. “Usa e Cina ci hanno lanciato una grande sfida sulla nuova competitività che si chiama industria 5.0, mentre noi ancora stiamo parlando di quella 4.0. Bisogna che l’Europa, tutta l’Europa, capisca che abbiamo bisogno di fondi sovrani per l’autonomia delle materie prima, per agganciare le transizioni”. A proposito di transizione, dal numero uno di viale dell’Astronomia arriva un solenne ammonimento alla politica. “Non è una strada facile. È sostenibile che a estrarre il cobalto siano bambini a mani nude? Bisogna fare i conti anche con una sostenibilità sociale. Il problema è serio, investe 70 mila lavoratori, 140mila compreso l’indotto. Il governo, quindi, convochi subito un tavolo di lavoro ad hoc ma prima stimi gli effetti e i costi sociali perché non vorrei che qualcuno venisse a dire, a noi imprenditori, che stiamo lasciando a casa quelle persone per le scelte fatte da loro”. Bonomi, che ribadisce di volere una transizione seria, fa ironia: “Serve un tavolo di lavoro serio, non per affossare, che quando voglio affossare qualcosa in Confindustria faccio un tavolo di lavoro con 40 persone intorno e non si va avanti”.

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