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Disney silura Peter Rice: Topolino è stufo della cultura woke?

di Redazione -

CHIUSURA IMMINENTE DI NEGOZI E ATTIVITA COMMERCIALI DISNEY NEGOZIO STORE


Peter Rice, presidente della General Entertainment Content per la Disney, è stato licenziato in tronco. Recentemente, il dirigente si era dimostrato molto critico riguardo alla legge Parental Rights in Education approvata dal governatore della Florida Ron DeSantis. Rice, che lavorava alla Disney sin dal 2019, a fine marzo aveva dichiarato a The Hollywood Reporter di considerare la norma come una “violazione dei diritti umani fondamentali”. Dietro questa brusca decisione potrebbe celarsi il timore del Ceo della Disney, Bob Chapek, di vedersi sostituito proprio da lui; il nome di Rice era, infatti, uno di quelli in pole position per tale evenienza. Una fonte ha riferito a Deadline che il licenziamento è arrivato come un fulmine a ciel sereno.  Fino ad oggi il dirigente aveva ricevuto solo feedback positivi e complimenti per il suo operato e niente lasciava presagire l’insoddisfazione della Disney; a fine anno aveva anche firmato un nuovo accordo. Secondo la stampa Usa, Rice sarebbe stato informato della decisione lunedì in un incontro di appena sette minuti, durante il quale Chapek gli avrebbe comunicato di non ritenerlo adatto alla “nuova cultura Disney”. Di origini britanniche, Rice ha da sempre la reputazione di un tipo tranquillo, uno che ha coltivato fruttuosamente relazioni personali e di lavoro con produttori e registi innovativi come Baz Luhrmann e Danny Boyle. Negli anni 2000, sfruttando questi legami per migliorare le prestazioni al botteghino della Fox Searchlight Pictures, l’ha portata al successo con capolavori come Moulin Rouge e The Millionaire. L’ottenimento di incassi col “minimo sforzo” è piaciuto molto a Rupert Murdoch; nel 2009, il 56enne è stato è passato a supervisionare tutte le attività delle reti di intrattenimento della Fox. Quando nel 2019 la 21st Century Fox è stata acquisita dalla Disney, il britannico è andato a occuparsi di tutte le attività e i contenuti televisivi. Operazioni che stavano andando a gonfie vele sotto la guida di Rice e della sua vice Walden, il che rende il brusco addio ancor più sconvolgente per gli addetti ai lavori. A parte i plausibili giochi di potere, dietro l’interruzione del rapporto di Rice con la Disney potrebbe esservi proprio la sua pubblica (e dura) critica nei confronti della legge appena approvata in Florida, che riguarda i diritti dei genitori sull’istruzione dei propri figli. La norma, fortemente voluta dal repubblicano DeSantis, vieta agli insegnanti di fare lezione su temi come l’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle classi dalla scuola materna fino alla terza elementare. Per Jeanette Nunez, vicegovernatore, la legge ha come solo fine quello di tutelare un diritto fondamentale delle famiglie. Tuttavia, gli oppositori (come Rice) ritengono che il testo sia troppo vago e abbia come reale scopo quello di censurare l’ideologia gender. Questa presa di posizione di Rice, forse, non è piaciuta alla Disney. In fondo, anche Netflix sta cercando di distaccarsi dai temi woke sui quali aveva molto investito negli scorsi anni. La piattaforma ha perso 200 mila abbonati in pochi mesi e, sebbene la società abbia preferito addossare la colpa di ciò agli account condivisi, pure il catalogo offerto avrebbe la sua parte in causa. All’improvviso, al mondo dell’entertainment non sembra più così opportuno (dal punto di vista economico), censurare artisti scomodi per investire full time in sceneggiature e temi politicamente corretti. Sebbene Topolino, soprattutto nei parchi a tema, strizzi continuamente l’occhio al mondo Lgbt, forse qualcosa ai vertici sta cambiando.


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