Primo Piano

Doctor mafia e le ricette del boss

di Rita Cavallaro -

ALFONSO TUMBARELLO, IL MEDICO DI MATTEO MESSINA DENARO


La latitanza dorata, con tanto di feste e donne, e le cure garantite per il tumore. Gli ultimi anni di libertà di Matteo Messina Denaro sono stati favoriti da una rete di fiancheggiatori che va al di là degli affiliati a Cosa nostra, ma ha visto la collaborazione di medici, amici d’infanzia, gente comune. E con l’arresto del dottore del padrino emergono nuovi particolari che delineano la reverenza verso il capo dei capi e smentiscono le versioni di chi, davanti agli inquirenti, sostiene di non sapere che quel simpatico sessantenne fosse il ricercato numero uno d’Italia. I carabinieri del Ros hanno ricostruito la condotta del medico 70enne di Campobello di Mazara, il massone Alfonso Tumbarello, e hanno accertato non solo che il dottore conosceva bene il capomafia e sapeva che quell’uomo non era Andrea Bonafede, il geometra in carcere per aver fornito la sua identità al latitante, ma che ha firmato almeno 137 ricette per il boss a nome dell’alias, il quale non è affetto da alcun tumore. “Tumbarello ha personalmente visitato il paziente Matteo Messina Denaro, raccolto l’anamnesi, indicatogli un percorso terapeutico, poi seguito con estrema attenzione, prescritto farmaci e analisi mediche, per patologie molto gravi, di cui effettivamente soffriva e soffre il boss, intestandole ad uno proprio assistito, che in realtà godeva di ottima salute”, scrive il gip di Palermo, Alfredo Montalto, che nelle 31 pagine con cui ha disposto la custodia cautelare in carcere per il medico delinea l’impianto che regge le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. Reati ben più gravi delle contestazioni mosse a Tumbarello dal giorno seguente all’arresto di Messina Denaro, quando il medico era stato indagato per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Gli accertamenti successivi del Ros hanno portato a individuare il medico di base come il “protagonista centrale di tutto il percorso terapeutico seguito da Messina Denaro”, si legge, “le cui prestazioni sono state indispensabili nel corso degli ultimi due anni per consentire al latitante di essere curato e assistito dalle diverse strutture sanitarie pubbliche che lo hanno preso in carico, oltreché per ottenere i farmaci la cui somministrazione è stata necessaria per la sua attuale sopravvivenza”. Inoltre, sottolinea il gip, “le cure assicurate personalmente dal dottor Tumbarello hanno così garantito a Messina Denaro non solo le prestazioni sanitarie necessarie per le gravi patologie sofferte, ma soprattutto la riservatezza sulla sua reale identità, e dunque continuare a sottrarsi alle ricerche, restare a Campobello di Mazara, e gestire l’associazione mafiosa”. Insomma l’operato del medico è stato indispensabile per evitare la cattura del boss, arrestato poi lo scorso 16 gennaio alla clinica La Maddalena, dove il capo dei capi era andato per sottoporsi alla chemioterapia che faceva a seguito di due interventi chirurgici, effettuati sempre sotto falso nome presso la struttura sanitaria il 13 novembre 2020 e il 4 maggio 2021 su prescrizione di Tumbarello, per un cancro al colon. Scrive il gip: “Il primo intervento chirurgico cui è stato sottoposto Messina Denaro Matteo è stato reso possibile grazie alla falsa scheda formata dal dottor Tumbarello il 5 novembre 2020 a nome di Bonafede Andrea, nella quale ha dato atto di aver eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente, che già aveva eseguito una colonscopia ed era in cura farmacologica, sollecitandone il ricovero cui faceva seguito, a distanza di pochi giorni, l’intervento chirurgico del 13 novembre 2020. Tumbarello ha chiesto poi, in calce alla “scheda”, di essere informato – attraverso una “esauriente relazione clinica” – delle condizioni di salute del paziente Bonafede/Messina Denaro al termine del ricovero”. Il documento, firmato dal medico e allegato agli atti dell’inchiesta, “prova in modo incontrovertibile che costui ha visitato più volte Messina Denaro (e non già il suo assistito Bonafede), e ne è divenuto stabile interlocutore del lungo e tormentato percorso terapeutico del suo assistito”, sottolinea il gip, aggiungendo che il dottore “seguirà il percorso del paziente per i successivi due anni, continuando a prescrivergli delicatissimi e costosissimi esami diagnostici”. Le indagini hanno accertato, tra l’altro, che Tumbarello non solo sapeva che il malato fosse il latitante, perché “in un contesto ristretto quale quello di Campobello ben sapeva che il Bonafede non aveva alcuna delle gravissime patologie diagnosticate e che dunque il malato non era il suo assistito”, ma anche perché il dottore aveva “rapporti con la famiglia Messina Denaro, ed in particolare con il fratello di Matteo, Salvatore”, si legge. “Messina Denaro Salvatore è stato residente proprio a Campobello di Mazara ed il legame con l’indagato Tumbarello era emerso con evidenza dalla inquietante e delicatissima vicenda relativa all’ex sindaco Vaccarino, che – come accertato in più sentenze passate in giudicato – per conto del Sisde ha cercato e poi trovato un canale di collegamento con Messina Denaro Matteo, negli anni 2004-2006. Dal verbale di esame reso dal Vaccarino nel corso del processo celebrato nei confronti di altro parente del latitante, Panicola Vincenzo, ed altri imputati (e poi condannati) per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. (e in particolare per la gestione dei cc.dd. pizzini rivolti e inviati da Messina Denaro Matteo), risulta che Vaccarino aveva inviato un messaggio a Messina Denaro Matteo, in quel momento già latitante da 10 anni, proprio attraverso il fratello Salvatore, convocato per tale scopo presso lo studio del dottor Tumbarello su richiesta dello stesso Vaccarino”. E ancora: “È evidente come Vaccarino abbia potuto contare sull’affidabilità e riservatezza del dottor Tumbarello cui chiedeva di organizzare un incontro con Messina Denaro Salvatore, presso lo studio medico di quest’ultimo, evidentemente luogo ritenuto sicuro per non esporre i partecipanti a rischi, già facilmente prospettabili dal semplice fatto che Vaccarino ed il fratello del latitante avevano evitato una diretta interlocuzione sfruttando il tramite, insospettabile, dell’odierno indagato”. Con il medico è stato arrestato pure un altro Andrea Bonafede, cugino del geometra che ha prestato l’identità all’ultimo degli stragisti. A lui viene contestato di essere il “postino”, ovvero l’incaricato dal boss di ritirare al bisogno le ricette mediche allo studio, per poi consegnarle al latitante.

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