Esteri

Donald Trump incriminato: e l’America si divide

di Ernesto Ferrante -


Una nuova bufera giudiziaria si è abbattuta su Donald Trump. Il tycoon è stato incriminato per la vicenda dei documenti classificati portati via dalla Casa Bianca al termine del suo mandato come presidente. “La corrotta Amministrazione Biden ha informato il mio legale che sono stato incriminato, a quanto pare sulla Bufala degli scatoloni. Non avrei mai ritenuto possibile che una cosa così potesse accadere a un ex Presidente degli Stati Uniti…sono un uomo innocente”, ha scritto Trump sul social Truth. Dovrà comparire di fronte a una corte federale a Miami martedì pomeriggio.
L’indagine partita più di un anno fa non riguarda solo le “carte” rimaste in suo possesso, ma anche l’aver ignorato le richieste formali a far avere tutto e la possibile attività posta in essere per ostacolare l’Fbi a farlo avere alla National Archives and Records Administration. Nel gennaio dello scorso anno, il repubblicano ha restituito 15 scatoloni con oltre 200 documenti classificati. In un secondo momento, il suo staff ha provveduto a consegnare un’altra trentina di “classified documents” e una lettera in cui si garantiva che non c’era più niente, dopo un’accurata ricerca. Ma l’agenzia federale era in possesso di informazioni secondo cui c’era altra documentazione non data e ha quindi ottenuto un mandato per la perquisizione della residenza di Mar-a-Lago, avvenuta all’inizio dello scorso agosto. In quella occasione, erano stati ritrovati più di cento top secret files. “Questo è davvero un giorno buio per gli Stati Uniti d’America. Siamo un Paese in grave e rapido declino, ma insieme torneremo a fare l’America Grande”, ha aggiunto il magnate, ripetendo il suo slogan.

Sono sette i capi di accusa formalizzati contro di lui. Fra questi vi è quello della conservazione non autorizzata di documenti classificati (previsto dall’Espionage Act), cospirazione, dichiarazioni false e ostruzione alla giustizia, come ha riferito il suo legale, Jim Trusty. Il Secret Service incontrerà la sua squadra di avvocati per definire le modalità del suo arrivo in tribunale.

E’ la prima incriminazione federale per un ex Presidente. A New York, lo scorso aprile, era stata stata formalizzata quella di falsificazione di documenti fiscali per mantenere segreta la sua relazione extraconiugale con l’ex pornostar Stormy Daniels durante le elezioni del 2016. Sul suo capo pendono altre spade di Damocle, come in Georgia, per il presunto tentativo di alterare il risultato delle elezioni Presidenziali del 2020 nello Stato. La corsa per le prossime elezioni presidenziali, annunciata a novembre, si complica ulteriormente.
Di fronte al giudice federale gli saranno notificate le accuse, e gli sarà richiesto di dichiararsi colpevole o innocente. Poi, una volta ascoltate accusa e difesa, saranno decise le condizioni per la libertà dell’imputato, che potrebbe essere sottoposto a vincoli e limitazioni di viaggio. “E’ irresponsabile che un presidente incrimini un principale candidato suo avversario”. Lo Speaker repubblicano, Kevin McCarthy, ha accusato Joe Biden di usare il dipartimento di Giustizia “come un’arma” contro il suo antagonista. “Biden ha tenuto documenti classificati per decenni”, ha continuato il leader repubblicano che ha fatto sapere di stare “insieme ad ogni americano che crede nello stato di diritto, al fianco del presidente contro questa grave ingiustizia”.

“Perché questo zelo nell’incriminare Donald Trump e invece così passivi nei confronti di Hillary Clinton e Hunter Biden?”, si è chiesto ironicamente Ron DeSantis. “L’amministrazione DeSantis richiamerà il dipartimento di Giustizia alle sue responsabilità, mettendo fine una volta per tutte alla parzialità e all’uso politico”, ha avvertito il governatore della Florida, principale avversario di Trump nelle primarie repubblicane.
Se il primo “scossone” non ha per niente indebolito Donald Trump, è tutto da vedere l’effetto di questo, perché da un recente sondaggio di YouGov è emerso che il 65% degli americani considera “un grave crimine” l’aver portato via documenti dalla Casa Bianca e aver ostacolato i tentativi del governo di riprenderli. E una percentuale ancora maggiore, il 63%, ritiene che questa discutibile condotta “squalificherebbe” un candidato. Bisogna tuttavia ricordare che dal punto di vista legale l’incriminazione e teoricamente anche una condanna, non vietano al vulcanico miliardario di partecipare alle elezioni.


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