Politica

Doppio binario: proteggere il Paese e far luce sul caso Striano

di Giuseppe Ariola -

Commissione parlamentare antimafia


La scorsa settimana si è chiusa con due importanti appuntamenti parlamentari: uno in commissione antimafia, dove è stato audito il comandante generale della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro sul caso dossieraggio, e l’altro presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera, che invece hanno ascoltato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, a proposito del provvedimento del governo sulla Cybersicurezza. Due impegni che apparentemente hanno poco a che vedere l’uno con l’altro, ma che invece sono legati dall’urgenza di intervenire anche da un punto di vista normativo per evitare che casi come quello su cui indagano le procure di Perugia e Roma si ripetano in futuro. Non a caso, l’avvio dell’iter parlamentare del disegno di legge sul rafforzamento della cybersicurezza nazionale, partito due settimane fa, è stato affidato al sottosegretario di Stato con delega ai Servizi Alfredo Mantovano. Il governo vuole fare, insomma, bene e presto su un fronte che espone il paese potenzialmente anche a interferenze straniere. A prescindere dalle motivazioni e dagli obiettivi che hanno portato a effettuare gli accessi abusivi oggetto dell’inchiesta della magistratura, i dati estratti sono stati trasferiti a terzi. Benché si tenda a escludere con una certa fermezza che gli autori delle ricerche illegali perpetrate attraverso i sistemi informatici della Direzione Nazionale Antimafia e non solo abbiano avuto contatti con i servizi segreti di altri paesi, è evidente come dati sensibili e rilevanti ai fini della sicurezza nazionale una volta in circolazione possano finire nelle mani di chiunque. Lo stesso Melillo ha definito “urgente” un rafforzamento della sicurezza cibernetica al pari di quanto si ritiene a Palazzo Chigi.

Sul tavolo della maggioranza ci sono però diversi temi caldi rispetto ai quali i singoli partiti vorrebbero un’accelerazione. Non è un caso, fanno notare da ambienti parlamentari, che la Lega si sia espressa contro il procedimento di urgenza per l’esame del testo sulla Cybersicurezza dopo che non si è trovata la quadra per approvare velocemente la riforma del ministro Calderoli sull’Autonomia differenziata. Questione che è stata anche oggetto di un’apposita riunione tra il titolare del dicastero degli Affari regionali, i capigruppo di maggioranza alla Camera, il presidente della commissione Affari costituzionali, Nazario Pagano, dove è assegnato il testo, e i relatori del provvedimento, senza che però si trovasse l’intesa per una corsia preferenziale. Adesso, anche le nuove disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici sembrano essere destinate a finire al centro di un incontro addirittura tra i leader della maggioranza, che dovrebbe tenersi questa settimana, per tentare una stretta sui tempi della loro approvazione.

L’urgenza della questione è evidente e lo diventa sempre più man mano che si susseguono le audizioni in commissione antimafia, la sede individuata per un approfondimento parlamentare sul caso dossieraggio, preferita a un’apposita commissione di inchiesta. Agli elementi inquietanti già emersi in questa sede, dopo le dichiarazioni di De Gennaro, se ne sono infatti aggiunti altri che fanno temere possa esserci stato una sorta di cortocircuito, almeno per quanto riguarda la gestione delle risorse di polizia giudiziaria affidate alla Direzione Nazionale Antimafia. Il comandante generale della Guardia di Finanza, rispondendo alle domande dei commissari dell’organismo parlamentare antimafia su chi avesse la responsabilità dell’attività svolta da Striano, ha replicato che “chi è abilitato a verificare il contenuto del lavoro che gli è stato assegnato è evidentemente colui il quale gli ha assegnato quel lavoro”. L’incombenza di vigilare sul lavoro del sottufficiale era quindi “in capo alla struttura a cui era assegnato il tenente”. De Gennaro fa anche un esempio pratico: “Se sono il comandante di una compagnia o di un nucleo ho la diretta responsabilità del militare che lavora con me e sul quale svolgo diretta attività di controllo e al quale io ho assegnato un compito da svolgere”. Assodato questo, c’è un ulteriore elemento degno di nota che ha consentito a Striano di bazzicare per anni indisturbato in database riservati: evidentemente godeva della completa fiducia dei suoi superiori, non certo quelli del corpo di appartenenza, la Guardia di Finanza, visto che durante la sua carriera è stato distaccato per ben 19 anni altrove, ovvero presso “una struttura interforze della Dna”. Se c’è una cosa che mette tutti d’accordo è che Striano non può aver fatto tutto da solo.


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