Giustizia

Doppio scontro sulla giustizia: la riforma e il caso Bartolozzi

di Giuseppe Ariola -


Neanche il tempo di ripartire dopo la pausa estiva che la giustizia è tornata a essere terreno di scontro politico alla Camera. Di un doppio scontro in realtà, perché i fronti aperti sono due: da un lato la riforma, dall’altro il caso di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministro Nordio, indagata per dichiarazioni mendaci ai pm in relazione all’affaire Almasri. Sulla riforma a far discutere è l’accelerazione che la maggioranza ha impresso all’iter del provvedimento, che essendo già stato licenziato da entrambi i rami del Parlamento nel medesimo testo non è modificabile in occasione di questa nuova lettura. La conferenza dei capigruppo di ieri ha individuato nel prossimo martedì il giorno dell’approdo del testo nell’Aula di Montecitorio. Una scelta che denota la volontà di ottenere in tempi rapidi il secondo ok della Camera alla riforma alla quale mancherà poi solo un ultimo passaggio al Senato per l’approvazione definitiva. Ovviamente, l’ultimissimo step sarà quello del referendum confermativo, la cui celebrazione è data per scontata praticamente da tutti. Se non una data precisa, anche il periodo nel quale svolgere la consultazione popolare sarebbe stata individuata: entro i primi tre o al massimo quattro mesi del 2026. Quella che viene vista come una fuga in avanti del governo non ha mancato di scatenare l’opposizione che ha accusato le forze di maggioranza di aver messo in atto una sorta di baratto sulle riforme, quella della giustizia in cambio del premierato. Uno spettro che gli alleati di governo tendono ad allontanare, rigettando qualsiasi ipotesi di uno scambio e ricordando che le riforme all’esame del Parlamento erano tutte prevista dal programma del centrodestra.

L’intoppo Almasri e il caso Bartolozzi

Quello che di certo non era previsto è invece l’intoppo rappresentato dal caso Almasri. Due ministri e il più potente tra i sottosegretari destinatari di una richiesta di autorizzazione a procedere e il vertice della dirigenza del ministero della Giustizia, la capo di gabinetto Giusi Bartolozzi, a rischio processo per la stessa inchiesta ma per ipotesi di reato differenti. Un elemento, quest’ultimo, non da poco. A decidere le sorti dei componenti del governo sarà infatti prima un voto nella Giunta per le autorizzazioni alla Camera e poi uno in Aula. In entrambi i casi, pallottoliere alla mano, non ci sono rischi che la magistratura si veda approvata la richiesta di aprire un processo. Diverso, invece, il caso di Bartolozzi che, oltre a non godere dello scudo diretto riservato a parlamentari e membri del governo, è indagata per un reato differente rispetto a quelli contestati a Nordio, Piantedosi e Mantovano. Circostanza non da poco, perché solo qualora indagata “in concorso” con questi ultimi ci sarebbe dovuto essere un passaggio in Giunta anche per lei. La maggioranza, però, ritiene che alla luce della stretta correlazione tra il reato del quale è accusata Giusi Bartolozzi e quelli che riguardano gli altri indagati per il caso Almasri anche per il braccio destro di Nordio sia necessaria la richiesta di autorizzazione a procedere. Proprio in base a questa interpretazione, la maggioranza ha chiesto un approfondimento tecnico in Giunta per le autorizzazioni sulla possibilità che la Camera avanzi un conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta. Per l’opposizione si tratta solo del tentativo, del quale si parla da tempo, di trovare un escamotage per salvare Bartolozzi e a detta del presidente della Giunta per le autorizzazioni Devis Dori semplicemente “la questione non esiste”. La sensazione è che si arrivi alla carta bollata ben prima di un eventuale processo.


Torna alle notizie in home