Draghi agli studenti: “Provate a restare” e a rifare l’Europa
La "citazione" di Jfk e l'impegno a rifondare da zero (o quasi) un Continente in declino
epa12479275 Italian former Prime Minister Mario Draghi, Asturias Princess Award of International Cooperation, attends the 45th Princess of Asturias Awards ceremony at the Campoamor theater in Oviedo city, Asturias region, northern Spain, 24 October 2025. EPA/BALLESTEROS
Draghi parla agli studenti: almeno provateci. Come se fosse semplice. Mario Draghi ci prova a convincere i giovani a restare in Italia. Un Paese che, però, ai suoi ragazzi riserva più amarezze che soddisfazioni. Basti ricordarsi quello che ci ha detto l’Ocse solo qualche giorno fa. Basti immaginare che, se tutto andrà bene, gli studenti del Politecnico di Milano a cui, ieri, ha tenuto un discorso alla cerimonia di inaugurazione del 163esimo anno accademico, andranno in pensione a 70 anni suonati. Sempre che, nel frattempo, un lavoro siano riusciti a trovarlo. E, magari, pure una casa a un prezzo ragionevole.
Draghi “cita” Jfk agli studenti
Mario Draghi invita però i giovani a lanciare il cuore oltre l’ostacolo: “Vi invito a riflettere su come possiate contribuire a rendere il vostro Paese, il vostro continente, un luogo in cui l’innovazione possa prosperare di nuovo”. Una rielaborazione della celeberrima, e forse fin troppo abusata, massima di Kennedy. “Siete già stati formati da una società che ha investito in voi, da famiglie che vi hanno sostenuto, da insegnanti che vi hanno stimolato e da istituzioni pubbliche che vi hanno dato l’opportunità di apprendere e sviluppare i vostri talenti. È un debito di gratitudine che tutti portiamo con noi”, ha affermato Draghi. Che, però, non sta facendo i conti di quanto ci perde il Paese a formare ragazzi che poi vanno a lavorare altrove (il Sud, da solo, “spreca” così 8 miliardi l’anno).
Il valore della lotta
Ma incalza una generazione a farsi sentire: “Ripagare questo debito non significa che dobbiate tutti rimanere in Italia o in Europa. La tecnologia è globale e il talento va dove ha le migliori opportunità, ma non rinunciate a costruire qui”. Come se fosse semplice. Non è mica facile il compito che Draghi impone agli studenti. Tra burocrazia, ottusità e astrusità a tutti i livelli, dal più piccolo comune a Bruxelles, è davvero difficile. E nessuno lo sa meglio di Mario Draghi. Che, chiamato a redigere un piano per la competitività, s’è ritrovato sommerso da un oceano di abbracci, baci, carezze e belle parole senza che nessuno, a cominciare da Ursula von der Leyen che quel piano glielo aveva commissionato, abbiano fatto granché per tradurlo in realtà.
Un Continente da rifare
L’ex premier però insiste: “Combattete gli interessi costituiti che vi opprimono, che ci opprimono. I vostri successi cambieranno la politica più di qualunque discorso o rapporto. Costringeranno regole e istituzioni a cambiare. L’Europa tornerà essere un magnete per capitale e talento. La voce di chi vuole che l’Europa si rinnovi suonerà sempre più forte”. A patto che, nel frattempo, Donald Trump, debitamente ispirato dalla Silicon Valley e aduso a guardare nel Palantir dei desiderata dei guru del web, non abbia deciso di farne polpette, di Bruxelles, e di convincere con le buone (o meglio con le cattive), l’Ue a fare cartastraccia di tutte quelle carte su cui l’Europa, in un afflato mistico che passerà alla storia come le brioches di Maria Antonietta, volle intestarsi un primato (inesistente) sull’intelligenza artificiale. Quello della regolamentazione. In assenza di tutto il resto. Ecco dove agire. Sull’Ai. Senza paura. Lo dice Draghi: “Troppe startup vanno via, l’Ue deve cambiare, colmare il divario con Usa e Cina se no rischia la stagnazione”. Un destino già scritto. E dovrebbero essere i ragazzi, che andranno in pensione a 70 anni e che non possono permettersi una stanza nell’esosissima Milano, a dover sanare i guai di un’Europa che ha fatto più danni che altro. Non c’è altra via: Draghi lo sa, gli studenti pure.
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