Draghi, dalla profezia alla realtà: “L’Europa è marginale”
Altro che gigante economico, la delusione dell'ex governatore Bce: "L'illusione di contare è evaporata"
Quanto è amaro il sapore della profezia per Mario Draghi. Amarissimo perché, nel giorno dopo l’attesa dichiarazione congiunta tra Usa e Ue sui dazi, l’ex governatore della Bce deve constatare il piattismo di Bruxelles. Che, consegnandosi a Trump e ai suoi diktat, ha definitivamente fatto sfumare pure l’ultima illusione che l’Europa continuava a nutrire: oltre a essere il solito nano politico, l’Ue non è più nemmeno un gigante economico.
Draghi, un’amara profezia
Aveva già parlato, l’ex premier italiano. Aveva chiesto all’Europa uno sforzo congiunto, uno scatto di reni. Di essere più Europa, appunto. Di mettere sul tavolo tutti gli sforzi utili a diventare un’unione vera. A trovare forze, fondi e coraggio per farsi trovare pronta alle grandi sfide che l’attendono. E invece, Draghi all’apertura del Meeting di Rimini si ritrova a dover commentare un’Ue che, dandogli (senza dirlo, per carità) del matto per aver chiesto uno sforzo da 800 miliardi si ritroverà a doverne sganciare 1.400 per sostenere l’economia americana. Una beffa? No, una normale conseguenza. L’Europa non conta nulla, non ci ha mai nemmeno provato.
L’anno in cui imparammo che non contiamo nulla
Draghi, a Rimini, non parla più il linguaggio della profezia ma quello della realtà: “Per anni l’Ue ha creduto che la sua dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata. Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa”. Se le avesse dato uno schiaffo, Ursula si sarebbe fatta meno male.
A chi fischiano le orecchie?
La bocciatura di Mario Draghi è netta: “Per affrontare le sfide di oggi l’Ue deve trasformarsi da spettatore, o al più comprimario, in attore protagonista. Deve mutare anche la sua organizzazione politica, che è inseparabile dalla sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici. E le riforme in campo economico restano condizione necessaria in questo percorso di consapevolezza”. Si è parlato tanto di riformare la governance dell’Europa. Poi, dopo che Ursula ha centrato il secondo mandato, il dibattito è scemato. E pensare che persino Christine Lagarde ne aveva fatto cenno più volte. Questa, di Draghi, non è una profezia. Ma una tirata d’orecchi in piena regola. L’Ue, così com’è, non funziona. Né dal punto di vista politico, né economico. Si gode, diciamocela tutta, la rivincita su quelli che a Francoforte, quando lasciò la Bce, avrebbero voluto cancellare di lui persino il ricordo. A loro fischiano le orecchie. Come a Ursula e ai suoi.
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