Politica

Draghi sbrocca in Aula, si disintegra il governo. Italia al voto in ottobre

Giornata folle in Senato, il premier si dice pronto al bis. Ma poi attacca Lega, Fi e 5Stelle e salta la fiducia.

di Adolfo Spezzaferro -


Giornata folle in Senato, il premier si dice pronto al bis. Ma poi attacca Lega, Fi e 5Stelle e salta la fiducia.

Ieri il premier Mario Draghi a sorpresa, al termine di una giornata folle in Senato, ha deciso di non recarsi al Quirinale per confermare le dimissioni. Quel che era sotto gli occhi di tutti, ossia che dopo che Lega, FI e M5S non hanno votato la risoluzione Casini su cui il governo aveva posto la fiducia, politicamente la maggioranza non esiste più, ha consigliato l’ex numero uno della Bce a prendere altro tempo. Questo perché di fatto, nei numeri il Senato non lo ha sfiduciato (i sì hanno “vinto”, ma sono stati solo 95), per cui il premier si è preso una notte di riflessione. Una cosa però l’ha già decisa, Draghi: oggi alle 9 sarà alla Camera. Fino a che non ci saranno le dimissioni formali, il percorso della verifica di governo insomma non cambia. Quindi, come era stato già programmato, oggi nell’Aula di Montecitorio alla Camera ci sarà la discussione generale sulle comunicazioni del presidente del Consiglio. Ma Draghi non ripeterà il discorso, già depositato ieri alla Camera.

Riavvolgendo il nastro, ieri è successo di tutto. Alla fine il governo è rimasto senza maggioranza al Senato anche se tutto è ancora congelato (sebbene con ogni probabilità Draghi salirà al Colle nella giornata di oggi). Manca la fine ufficiale, insomma. I partiti sono già in campagna elettorale, con il Pd che dice che gli italiani sono migliori di questo Parlamento (forse dimenticando di farne parte), con Salvini che riunisce i suoi per dare le prime indicazioni su come provare a recuperare terreno su FdI e sulla Meloni. Con Forza Italia che si spacca perché il ministro Gelmini ed altri accusano il partito di Berlusconi di aver “voltato le spalle agli italiani”.

Sul fronte del M5S, ora regna il panico totale. “Draghi non va a dimettersi? Quindi vuole andare domani in Aula alla Camera per spaccarci?”, si chiede più di un senatore a 5 Stelle preoccupatissimo. Dal canto suo, il leader Giuseppe Conte, principale responsabile della crisi di governo poi finito quasi nel dimenticatoio rispetto a come e quanto rapidamente sono precipitati gli eventi in Senato, è rimasto in rigoroso silenzio stampa. Silenzio che potrebbe essere spezzato in modo improvvido, conoscendo il Conte versione barricadera (non molto convincente, a dire il vero, soprattutto per la base “militante” grillina).

Il dato politico è questo: ora nella fu maggioranza è tutti contro tutti, nel più classico dei climi da campagna elettorale. “Draghi e l’Italia sono state vittime, da giorni, della follia dei 5Stelle e dei giochini di potere del Pd”, ha detto Salvini. “L’intero centrodestra era disponibile a proseguire senza i grillini, con Draghi a Palazzo Chigi e con un governo nuovo e più forte. Il Pd ha fatto saltare tutto”, ha spiegato il leader della Lega parlando ai suoi parlamentari. Aggiungendo: “Speriamo che questo sia l’ultimo Parlamento dove centinaia di persone cambiano casacca e poltrona”.

“Oggi Lega, Forza Italia e M5S si sono assunti una responsabilità gravissima, con una scelta che farà pagare un prezzo enorme al Paese. E soprattutto a quella parte più debole di cui tanto hanno parlato nei loro interventi in Aula. Complimenti”, ha twittato il deputato Pd Matteo Orfini. “Gli italiani guardano sgomenti alle loro istituzioni, al Parlamento e al Senato e a forze politiche che hanno anteposto i loro interessi”, ha rincarato la dose il segretario dem Letta. ”Credo che andremo alle elezioni rapidamente e gli italiani sceglieranno fra chi ha voluto affossare questa esperienza di governo e chi, al di là dei propri interessi di parte, aveva scelto di portarla avanti”, ha aggiunto.

Se il Pd dal canto suo ha dimostrato fino all’ultimo un folle ottimismo (puntare sulla risoluzione Casini) che ha coperto a stento il fatto che fosse nudo rispetto a una qualche strategia politica, FI si è vista costretta a seguire la Lega causando una scissione che indebolisce la coalizione in vista delle elezioni. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che la settimana scorsa aveva respinto le dimissioni di Draghi (che oggi molto probabilmente dovrà accettare in quanto irrevocabili), parlamentarizzando la crisi nell’auspicio di proseguire la legislatura con un rimpasto di governo, ora potrebbe accelerare i tempi e mandare il Paese al voto. Altrimenti sarebbe accanimento terapeutico.


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