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Aggiungi il gender a tavola: Drusilla su Raidue

Pronto a condurre “L’Almanacco del giorno dopo”, spiega a “La Stampa” quali sono le sue conquiste di civiltà: gender, Papa donna, teatri. Ma forse gli italiani preferiscono altro

di Federico Cenci -


Quali sono i traguardi di civiltà che sognano gli italiani? Si potrebbe fare un sondaggio al riguardo. I servizi sociali, la pulizia di città, acque, boschi e campagne, la maggiore educazione dei cittadini: le risposte più diffuse sarebbero probabilmente queste. Finisce qui? Non per tutti. Per il personaggio creato dall’attore Gianluca Gori, ovvero per Drusilla Foer, occorre raggiungere altre conquiste ancora: un Papa donna, i bagni senza distinzione di sesso, i piccoli teatri al posto di H&M. Lo ha detto in un’intervista a “La Stampa” che anticipa di qualche giorno il suo debutto come presentatore nel servizio pubblico: dal 6 giugno, infatti, dopo quasi trent’anni riporterà nelle case degli italiani la storica trasmissione di successo “L’Almanacco del giorno dopo”, in onda su Raidue dalle 19.50 alle 20.30.

Eloquente il virgolettato che “La Stampa” attribuisce all’uomo vestito da donna divenuto famoso grazie alla partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo: “Vi preparo al domani”. Del resto, per preparare le masse alla novità, cosa c’è di più efficace di una rivisitazione di ciò che per la coscienza collettiva è già normalità? Sarebbe ripetitivo, pleonastico, forse persino tedioso assegnare a un transessuale i panni del personaggio pittoresco che balla, ride e distilla frivolezze. La normalizzazione della fluidità sessuale, della contestazione alla tradizione, passa invece dalla conduzione di un programma che rievoca la sobrietà televisiva del passato, con la sua sigla rilassante e iconica. Un programma come l’Almanacco del giorno dopo, appunto. Il trans che fa l’intellettuale, che sa declinare i verbi e usare i congiuntivi, che snocciola aforismi e perle di cultura attecchisce sul telespettatore, lo persuade, lo convince della giusta causa dell’ideologia gender, di quel “domani” sul quale Gianluca Gori ci vuole preparare.

Ma è un domani che in parte è già qui, un domani che forse c’è sempre stato senza che nessuno se ne scandalizzasse o ci costruisse sopra una retorica. Ma la mutazione dei costumi è un processo che va avanti senza soluzione di continuità. E allora, quello cui allude Gianluca Gori è un domani che deve compiere altri passi ancora. E sul quale nelle scorse settimane la Corte costituzionale ha aperto un’importante fessura consentendo l’assegnazione ai figli del doppio cognome. “Mi sembra fantastico potersi chiamare con il cognome di entrambi i genitori”, esulta Gianluca Gori su La Stampa. E lui, dicevamo, non si ferma qui: vuole pure che si cambi il magistero della Chiesa cattolica così da mettere una donna a fare il Papa, vuole inoltre che ognuno possa usare i bagni pubblici che desidera senza badare che siano da maschio o da femmina e vuole, infine, in uno sfoggio di cultura snob degno del personaggio che interpreta, che al posto dei centri commerciali sorgano “piccoli teatri”.

“L’Almanacco del giorno dopo”, spiega lo stesso Gianluca Gori a La Stampa, “venne trasmesso la prima volta nel 1976”, in quella che “era un’altra Rai perché era un’altra Italia, e cioè un Paese da informare, persino da istruire”. Ora lui vuole riannodare i fili col passato, ma offrendo una “informazione” e una “istruzione” innovative. Addio alla femminilità di presentatrici come Nicoletta Orsomando, Paola Perissi, Maria Giovanna Elmi, Peppi Franzellin, Ilaria Moscato. Ancora con questi stereotipi? Basta. Il futuro, secondo gli ideologi del decostruzionismo turbo-progressista, appartiene alla fluidità sessuale. Qualcuno, però, potrebbe dissentire. Senza offesa per Gianluca Gori, anzi per Drusilla Foer, ma sarebbe interessante fare un altro sondaggio tra gli italiani: la maggioranza, probabilmente, continuerebbe a prediligere le annunciatrici di un tempo, prive di steccati ideologici ma sgargianti di femminilità. Essere donne, soltanto donne, non passerà mai di moda.


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