Politica

Due donne leader, due voci opposte. La politica riscopre il sapore del duello

di Eleonora Ciaffoloni -


Due piazze, due voci, due leader, per un’Italia che ormai sembra divisa – quasi – a metà. A dirlo non è soltanto il dibattito che nelle ultime settimane si è fatto sempre più acceso, ma anche i numeri, che riportano due partiti, uno a destra e uno a sinistra, alla ribalta. Dati alla mano, non si può parlare di una partita alla pari, ma se il partito di Giorgia Meloni si conferma sopra al 30% (pur perdendo alcune briciole), quello di Elly Schlein sale di due punti, arrivando dopo mesi di magra al 19%. Degli altri, che seguono, non perde quasi nessuno: un dato che sta a significare che il Partito Democratico è tornato a pescare dagli indecisi o dagli sfiduciati, elettori a cui la nuova segretaria dem si è spesso appellata in questa prima fase di insediamento. Poche settimane che sono bastate alla leader dei dem a far rialzare la testa a un partito che si era assopito, ma anche a far tornare il dibattito politico a un vecchia e intramontabile querelle tra destra e sinistra.

 

DUE LEADER DUE POLI

 

Destra e sinistra che significano maggioranza e opposizione e, allo stesso tempo, polarizzazione. Fratelli d’Italia e Pd sono oggi i primi due partiti – anche se con cospicuo distacco – rappresentativi degli italiani e alla loro guida ci sono due prime donne. Un dato positivo, sì, ma che non fa statistica: Meloni e Schlein sono due donne, ma prima di tutto sono due leader che rappresentano due idee politiche opposte. E questo, per i cittadini, è l’aspetto che conta. È certo che l’elezione di Elly Schlein a segretaria del Partito Democratico ha smosso le carte sul tavolo della politica: prima della sua ascesa il governo di Giorgia Meloni sembrava seguire la tabella di marcia preposta senza particolari ostacoli e senza una vera opposizione, se non con qualche tentativo da parte dei cinquestelle.

 

MANIFESTO SCHLEIN

 

Ma l’addio di Letta e l’arrivo del volto nuovo hanno tolto la polvere dai banchi del Pd, ma anche rianimato la mobilitazione di sinistra, con gli elettori e i simpatizzanti che hanno subito seguito le orme di Schlein tra le piazze d’Italia e le manifestazioni. L’abbiamo osservata a Firenze al corteo antifascista organizzato dopo l’aggressione al liceo fiorentino Michelangelo, l’abbiamo sentita chiamare a gran voce la piazza di Napoli alla protesta contro l’Autonomia differenziata e, per ultimo, l’abbiamo vista ieri a Milano a sostegno dei diritti dei bambini e delle famiglie arcobaleno. Un modo per farsi conoscere dalla grande platea degli italiani, un modo tornare tra la gente, un modo per rinnovare un vecchio partito, un modo per fare opposizione. A piccoli passi – verso sinistra – Schlein sembra riuscirci, registrando non solo la crescita del partito, ma anche un aumento della partecipazione, grazie alle novità inserite in agenda dalla neo segretaria. Sicuramente un successo, che però non scalfisce l’altra leader che, cosa di non poco conto, è a capo del governo.

 

MELONI POPOLARE

 

Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi da qualche mese, ma non perde appeal, anzi. Lo mantiene per tutta la maggioranza che negli ultimi tempi non sembra proprio aiutarla nel mantenere il gradimento. Il naufragio di Cutro, le morti, le conseguenze e il Cdm per ricucire non sono ancora dimenticati, ma se l’occasione fa l’uomo ladro, Meloni è riuscita a prenderla al volo. A fare l’assist, neanche a farlo apposta, è la Cgil, che invitando la premier al congresso di Rimini ha lanciato un oggetto non identificato che in cielo si è trasformato in un boomerang. Nella gabbia dei leoni del sindacato più longevo d’Italia, Giorgia Meloni ha fatto da addestratore. Senza guardare i peluche, senza sentire i fischi, ma parlando, la premier si è rivolta a quel mondo operaio che tanto vorrebbe riconoscersi a sinistra, ma che negli ultimi anni fa sempre più fatica a farlo. Idee diverse quelle portate sul palco, certo, ma l’intervento di Rimini ha messo in luce una leader legittimata e aperta al confronto, che ha preso il toro per le corna uscendo vincente dall’arena di rosso vestita.

 

OMBRA SINISTRA

 

Infatti, senza troppi giri di parole, possiamo definire quello della Cgil un classico errore da sottovalutazione dell’avversario.
E così, tra probabili sensi di colpa e rinnovata consapevolezza, una pezza sul suo stesso passo falso l’ha messa il riconfermato segretario Maurizio Landini che, dopo aver fatto con il suo congresso da palcoscenico al nemico, ne riprende le distanze. Con il governo, dice il segretario “c’è una diversità molto consistente” e ringraziando la platea per la rielezione, lancia la sfida del sindacato all’esecutivo rispondendo all’intervento di Meloni sulla riforma del fisco e lanciando una forte mobilitazione sindacale “che non esclude nessun strumento, compreso se necessario lo sciopero in tutte le forme”. Dopo un accenno di dialogo, la barricata è stata ricostruita, con il dubbio che però qualche falla il passaggio di Giorgia Meloni l’abbia lasciata.


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