Economia

È la Russia il nuovo padrone del grano

Ucraina superata, Mosca prima per export mondiale

di Alessio Gallicola -


Come l’energia, più dell’energia. Anche per il grano la Russia si avvia a confermarsi il vero “padrone del mercato”. Il risultato dei primi tre mesi di conflitto è una produzione crescente (+2,6%), che ne fa il principale esportatore mondiale, con un totale di 84,7 milioni di tonnellate, delle quali circa la metà destinate alle esportazioni (39 milioni di tonnellate).

Come era prevedibile, il blocco dei porti ucraini si rivela un vantaggio tangibile per Mosca.  La regione di Kherson ha iniziato ad esportare il grano dell’ultimo raccolto russo, ha detto alla Tass Kirill Stremousov, vice capo dell’amministrazione militare-civile della regione ucraina attualmente amministrata dalla Russia. “Qui c’è molto grano e spazio per nuovi raccolti”.

Rapporto di forze ribaltato nei confronti dell’Ucraina, costretta a registrare una notevole contrazione della produzione. I nuovi raccolti in arrivo tra poche settimane porteranno un quantitativo di grano stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni previsti per questa stagione. Volumi che non saranno in grado di bilanciare lo svuotamento dei magazzini, dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali tra grano, orzo e mais destinati alle esportazioni sia in Paesi ricchi che in quelli più poveri, dove il blocco rischia di provocare rivolte e carestie. Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran, che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma – precisa la Coldiretti – anche Libano, Tunisia, Yemen, Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.

Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione Europea nel suo insieme, dove il livello di autosufficienza della produzione comunitaria varia dall’82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% per il mais destinato all’alimentazione animale fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione, secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo outlook della Commissione Europea, che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari.

Ma la crisi del grano parte da lontano, almeno per l’Italia. Il blocco delle forniture causato dal conflitto russo-ucraino sta facendo venire al pettine i nodi irrisolti di una politica agricola che, nel nostro Paese, negli ultimi decenni sembra aver giocato al ribasso, senza guardare lontano o almeno alle più evidenti potenzialità della nostra produzione. Ora Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, chiede immediati interventi per combattere il caro energia e assicurare il mantenimento di aziende e stalle ma racconta anche un fatto finora trascurato: “L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, che hanno dovuto ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni, durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”.


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