E’ l’agricoltura la chiave contro il climate change
Centrale nella vita quotidiana degli italiani, centrale nell’economia nazionale. Secondo l’Osservatorio Enpaia-Censis, l’80% dei beni primari consumati dalle famiglie proviene dall’agricoltura italiana. Un ruolo primario che il comparto agricolo ricopre anche fuori dei confini: l’Italia è al secondo posto nella graduatoria Ue sul valore aggiunto agricolo con oltre 37 miliardi di euro, pari al 16,7% del totale del valore aggiunto agricolo europeo. In termini di produzione, poi, con un valore pari a 71.158 miliardi di euro (13,3% del totale della produzione agricola europea) siamo al terzo posto della graduatoria Ue, superati solo da Francia (96.575 miliardi di euro pari al 18%) e Germania (74.535 miliardi di euro, 13,3%).
Nonostante le avversità, in un Paese ove il 47% del suolo è insalubre e ogni anno l’erosione riduce la sua produttività per un costo di 251 milioni di euro – la perdita maggiore tra i 27 Paesi Ue – secondo la valutazione di impatto allegata alla proposta di direttiva della Commissione europea che punta a ristabilire suoli sani entro il 2050, l’agricoltura nazionale custodisce una resilienza che è stata già evidente nel primo rapporto Enpaia-Censis che la leggeva, in una proiezione post Covid-19, dinamica, vitale e in buona salute, un mondo allora di 732mila imprese attive, 900 mila addetti, 44 miliardi di euro di export con +26,2% reale nel 2014-2019 (+15,9% del totale dell’economia).
Ora Enpaia e Censis lo confermano: l’agricoltura è in prima fila specialmente nella lotta al cambiamento climatico e ha in sé la chiave e le opportunità per individuare soluzioni durature nel tempo e di ampio respiro. Dallo studio emerge infatti, che per il 68,9% dei cittadini l’agricoltura è pienamente impegnata nel promuovere la sostenibilità ambientale. Un consenso trasversale nei gruppi sociali, condiviso dal 58,8% dei giovani, dal 68,5% degli adulti e dal 75,1% degli anziani. Un comparto in costante trasformazione produttiva con le sue imprese e i suoi addetti, per questo Rapporto 2023 rispettivamente 690mila e 834mila. Numeri che calano, mentre non diminuisce l’impegno in meccanismi virtuosi di adattamento ai camb, per liberarla iamenti climatici, alla ricerca di soluzioni durature nei campi e negli allevamenti, anche per contrastare una narrazione che continua a considerarli tra le cause primarie del riscaldamento globale e della difficoltà di avviare una transizione verso una società più sostenibile.
Un settore, l’agricoltura, alla continua ricerca – le associazioni di categoria ne sono artefici quotidiane – di più attenzioni, specialmente nella rappresentazione di istanze e necessità sul tavolo dell’Europa. Da tempo, avvertita un’incoerenza strutturata nella Politica agricola comune, quella che anche il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida vuole riformare per liberarla dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork. Questa la sfida per affermare davvero il ruolo e il valore dell’agricoltura nazionale, che opera in uno scenario ove l’agroalimentare italiano vale oltre 500 miliardi e l’export nel 2021 ha registrato oltre 50 miliardi. Il fondamento di questi numeri così significativi è appunto l’agricoltura, che però si avverte ancora “sistema debole” così condizionato tuttora, oltre che dal cambiamento climatico, dai costi delle materie prime, degli effetti ancora persistenti dell’emergenza sanitaria post pandemia e da quelli della guerra. Una crisi dalla quale intende uscire una volta per tutte.
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