Esteri

PRIMA PAGINA – È l’ora dell’Europa, è il momento della pace

di Ernesto Ferrante -


La mattanza degli innocenti in attesa dell’arrivo dei camion carichi di aiuti umanitari alla rotonda di Nabulsi, vicino ad Al Rashid Street, nel nord di Gaza City, impone all’Europa un passo in avanti. Forse non sarà mai quella “volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni” immaginata da Nietzsche, ma non può essere nemmeno quella di Pamuk, che “non fa più sognare”. Pur con le sue mille contraddizioni e i suoi tanti cambi di passo non di rado tramutatisi in giri di valzer, il Vecchio Continente dispone di un patrimonio diplomatico di enorme valore a cui si deve tornare ad attingere, per scongiurare nuovi massacri ed evitare le rovinose ricadute delle guerre per procura funzionali solo agli interessi dei centri di potere d’oltreoceano.
A Parigi, Roma e Berlino l’eco di quei tonfi cupi ha assunto il suono di campane a morte. Centododici rintocchi per ricordare ai leader dell’Ue che non si può più attendere. Occorrono tavoli negoziali, non mattatoi. Servono “munizioni dialettiche”, non pallottole. C’è bisogno di un’autonomia strategica reale per affermare la primazia del cessate il fuoco rispetto agli obblighi dell’alleanza con gli Stati Uniti.
Il presidente francese Emanuel Macron, su X, ha espresso “profonda indignazione per le immagini che arrivano da Gaza, dove i civili sono stati presi di mira dai soldati israeliani”, e chiesto “verità, giustizia e rispetto del diritto internazionale”.
A stretto giro è arrivata anche la presa di posizione italiana, con la premier Giorgia Meloni che, dopo aver sottolineato l’importanza di accertare con urgenza “la dinamica dei fatti e le relative responsabilità” da parte di Israele, ha aggiunto che “le nuove e numerose vittime civili impongono di intensificare immediatamente gli sforzi sui negoziati in atto per creare le condizioni per un cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi”.
Il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, ha evidenziato il “bisogno dell’azione umanitaria, di un cessate-il-fuoco affinché gli ostaggi vengano rilasciati dalle mani di Hamas e non muoiano altre persone a Gaza”. Dai militari israeliani, il capo della diplomazia tedesca ha detto di aspettarsi “spiegazioni piene”.
Accenti diversi, senso comune. A Bruxelles e Strasburgo è tempo di iniziare a parlare la lingua della pace, scandendone bene le parole. Non contro Israele, ma per quell’Europa che, nata come leggiadra fanciulla nella mitologia, ha fatto del ripudio della violenza un suo tratto fondante.
Le varie versioni sull’accaduto fornite dai vertici militari israeliani, non sono un fatto nuovo da quelle parti. L’ufficiale Peter Lerner ha parlato di due incidenti separati, centinaia di metri uno dall’altro. “Alle 4 di mattina un convoglio di 30 camion di aiuti ha superato il check-point dell’esercito nel Wadi Gaza e in seguito è stato circondato da migliaia di persone. La folla è finita fuori controllo e decine di persone sono rimaste ferite o uccise nella calca, altre travolte dai camion”. I soldati hanno aperto il fuoco solo nel secondo episodio, “sentendosi minacciati da decine di civili”.
Il portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari ha invece asserito che la strage durante l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza sarebbe il risultato di “uno sfortunato incidente” e che “le Forze Israeliane operano secondo le regole di ingaggio e il diritto internazionale” e “nessun attacco è stato condotto contro il convoglio umanitario”.
“Mentre queste forniture umanitarie vitali si facevano strada verso gli abitanti di Gaza, ha spiegato il portavoce, migliaia di persone si sono precipitate sui camion, alcuni hanno iniziato a spingere e calpestare violentemente altri fino alla morte, saccheggiando le forniture umanitarie”. “Non abbiamo sparato a quanti cercavano aiuto né dal cielo né da terra”, ha concluso Hagari.
Una ricostruzione smentita da un medico, il dottor Yehia Al Masri in servizio presso l’ospedale Al-Shifa, che ha dichiarato di aver visto decine di corpi di morti e feriti da armi da fuoco, inclusi colpi alla testa, al collo e al mento, distesi lungo la strada.
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, su X, ha fatto un riferimento ai “doppi standard” da scongiurare: “Scioccato e disgustato dall’uccisione di civili innocenti avvenuta ieri a Gaza mentre aspettavano disperatamente aiuti umanitari. Il diritto internazionale non ammette doppi standard. Dovrebbe essere avviata immediatamente un’indagine indipendente e i responsabili portati alla giustizia. E’ urgentemente necessario un cessate il fuoco per consentire agli aiuti umanitari forniti da agenzie specializzate adeguatamente finanziate come l’Unrwa di di raggiungere i civili”.
Imbarazzo e timore nell’amministrazione Biden. Il vice ambasciatore statunitense Robert Wood, si è trincerato dietro un debolissimo “non abbiamo a disposizione tutti i fatti sull’accaduto, questo è il problema”.
Successivamente, Nbc News ha rivelato la “seria preoccupazione” dei funzionari americani per un possibile “stallo dei colloqui”. Fonti autorevoli hanno riferito che il presidente Joe Biden e il segretario di Stato Antony Blinken hanno avuto colloqui telefonici con le controparti in Medio Oriente “per cercare di salvare i negoziati”. Il rischio di un disastro politico e diplomatico, prima ancora che militare, è alto. Gli Usa annaspano. E’ l’ora dell’Europa. E’ il momento della pace.


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