Attualità

“Ecco come fermare gli sbarchi dei clandestini”

di Adolfo Spezzaferro -


Intervista con l’ammiraglio Nicola De Felice

“Il termine blocco navale usato da Giorgia Meloni non ha nulla a che fare con quanto riportato nella Carta Onu all’art. 42, così come non riguarda la sprovveduta iniziativa del governo Prodi del 1997 davanti alle coste albanesi. In termini militari si tratta di una interdizione navale inserita in un approccio più complesso di contrasto alla tratta degli esseri umani”. Parola dell’ammiraglio di divisione (ris.) Nicola De Felice, tra i massimi esperti di fenomeni migratori . “Serve un’operazione a carattere globale – ci spiega – per il ripristino della legalità e della sicurezza con il consenso dello Stato costiero dove transitano i migranti clandestini (e non profughi). Si impone anche un’attività di addestramento delle forze dell’ordine locali da parte della nostra Marina e Guardia di Finanza e, se richiesto, anche un aumento delle capacità di gestione e controllo delle coste interessate. Ciò è stato già fatto in Libia nel 2009 a seguito del trattato italo-libico denominato Patto di amicizia, dove i pattugliamenti misti nelle acque territoriali (cioè entro le 12 miglia) libiche nel 2009/2010 avevano praticamente azzerato le partenze dall’Africa degli irregolari. Ma c’è di più.

Ci faccia capire.
L’Italia già partecipa dal 2008 ad un’operazione di interdizione navale dell’Ue nelle acque territoriali somale insieme ad altre flotte europee nel contrasto alla minaccia della pirateria e del traffico di stupefacenti nell’ambito della missione Eunavfor Somalia, l’operazione Atalanta. Nel caso libico-tunisino si può prevedere lo stesso paradigma per contrastare la tratta degli esseri umani.

E i decreti Sicurezza di Salvini?
Possono essere complementari all’operazione di interdizione navale in difesa delle acque territoriali italiane contro atti internazionalmente illegali da parte delle navi Ong, secondo i diritti assegnati allo Stato costiero (in questo caso l’Italia) dalla convenzione della legge del mare Onu e dal Codice di navigazione italiano. Le navi Ong, oltre a fungere da “fattore di attrazione” (pull factor) verso i mercanti di essere umani, sono colpevoli di non rispettare l’art. 13 del Regolamento Ue di Dublino in quanto sono giuridicamente territorio dello Stato di bandiera dove avviene “il primo passaggio illegale “ dei clandestini e quindi responsabili della protezione internazionale e dell’eventuale assegnazione dell’asilo per chi ne avesse diritto.

In conclusione?
È importante coinvolgere oltre al ministero dell’Interno quello degli Esteri in modo da “inchiodare” gli Stati di bandiera alle loro responsabilità. Sarebbe meglio individuare un commissario straordinario per affrontare i flussi migratori irregolari in Italia… Se mi si fosse chiesto, non mi tirerei indietro.


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