Ecco perché Prevost ci ricorda Ratzinger
Leone XIV, il primo Papa americano, è molto più vicino a Roma (e alla Curia) di quanto lo sia stato il suo predecessore. Fin dalla sua elezione ha dimostrato di voler bilanciare tradizione e innovazione nel suo pontificato, mostrando un forte legame con il passato e allo stesso tempo aprendosi al futuro. Il tutto esprimendo sempre la chiara volontà di essere il Papa di tutti, anche sul fronte delle divisioni interne alla Chiesa.
Papa Prevost da un lato intende preservare le tradizioni liturgiche, come dimostra il ritorno alla celebrazione della messa in latino e l’imposizione personale del pallio agli arcivescovi, ma dall’altro ha anche sottolineato l’importanza del dialogo con il mondo moderno. Leone XIV ha ripristinato anche il canto gregoriano (cantando egli stesso) nelle celebrazioni solenni in San Pietro, segnando un distacco dalla preferenza per il volgare e le lingue moderne introdotta dal suo predecessore.
Il Papa inoltre ha ripreso l’antica tradizione di imporre personalmente il pallio ai nuovi arcivescovi metropoliti, un gesto simbolico che sottolinea il legame con la Sede Apostolica. Leone XIV ha anche deciso di soggiornare nella villa pontificia di Castel Gandolfo, un luogo storico che richiama la tradizione del papato. Riprendendo una tradizione interrotta da Bergoglio.
Il Papa ha spesso menzionato e fatto riferimento a figure del passato, come ovviamente Sant’Agostino e Leone XIII, dimostrando un interesse per la continuità con la storia della Chiesa. La scelta del nome Leone poi evoca figure importanti come Leone Magno e Leone XIII, suggerendo un desiderio di continuità con la loro opera di difesa della fede e di apertura al mondo moderno. Un pontificato la cui sintesi finora ci sembra essere quella tra rinnovamento e tradizione, infatti sebbene Leone XIV valorizzi quest’ultima, non rinuncia alla modernità, come dimostra la sua volontà di dialogo con il mondo contemporaneo e il suo richiamo all’unità e alla lotta contro le divisioni e l’odio. Ma papa Prevost dimostra anche di avere un occhio attento alla continuità con la storia della Chiesa.
Tanti analisti infatti hanno messo in risalto che la sua elezione punta anche a sanare quella frattura interna alla Chiesa tra tradizionalisti e progressisti che papa Bergoglio aveva ampliato. Papa Prevost si è finora dimostrato custode dell’unità della Chiesa, fin dalle sue primissime parole programmatiche: “un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità è quello di sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. Una posizione netta, che ricorda quella di Benedetto XVI, “umile lavoratore nella vigna del Signore”.
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