Economia

Economia, cresce solo l’incertezza

di Giovanni Vasso -


I dati Istat fanno paura: il Pil salirà solo del 2,2% ma per tornare ai livelli pre Covid occorre raggiungere il 4 per cento.

La produzione industriale italiana ristagna, la fiducia delle famiglie diminuisce ancora e sull’economia italiana spira, gelido, il vento dell’incertezza. L’Istat ha reso note le cifre relative allo stato dell’economia italiana e nel primo trimestre di quest’anno le cose non sono andate benissimo.

Per l’Istituto di statistica, si è registrata nel primo trimestre del 2022 una contrazione del Pil pari allo 0,2 per cento. I conti dell’Istat, dunque, parlano chiaro: la crescita del Pil acquisita è stimata pari al 2,2. È ben lontana l’asticella fissata, a settembre scorso, dal ministro Daniele Franco che presenziando a Lecce a un evento di presentazione del Pnrr, aveva parlato di un aumento del Pil, per il 2022, pari al 4 per cento.

Un traguardo che, per quanto altisonante, lo stesso ministro aveva riconosciuto come minimo. Dopo aver fatto registrare il più sei per cento del Pil per l’anno scorso, col 4 ipotizzato per quest’anno, Franco aveva ammesso: “Così a malapena raggiungiamo i livelli pre pandemia”. Ecco, per il momento l’Italia non sta recuperando il terreno perduto per il Covid e le dinamiche della guerra stanno pesando, come un macigno, sulle previsioni prossime per l’economia nazionale. Se continua così, neanche quest’anno l’Italia tornerà ai livelli economici pre-Covid e tra guerre e cambi di “intonazione”, le previsioni economiche si fanno più difficili, sicuramente all’insegna dell’incertezza. 

Secondo i dati pubblicati dall’Istat, a marzo la produzione industriale – tra le più colpite dagli aumenti dei prodotti energetici –  segna il passo, attestandosi sui livelli del mese precedente. Il primo trimestre 2022 s’è concluso con una flessione congiunturale stimata del 0,9 per cento. Pesa sui dati di ieri il tonfo a gennaio scorso, quando si è registrato un calo dell’indice destagionalizzato al 3,4 per cento rispetto a dicembre 2021, che non sarebbe stato del tutto recuperato. Per quanto riguarda l’industria, però, l’Istat ha registrato una certa dinamicità che induce a ipotizzare una crescita del settore pari al tre per cento della produzione sull’anno.

Gli spaventosi aumenti dell’energia pesano anche sulla bilancia commerciale coi Paesi extra Ue che è in sofferenza. La fame di energia che affligge il Paese e gli aumenti dei costi hanno fatto aumentare il disavanzo a oltre sette miliardi di euro (per l’Istat, un anno fa quel valore non superava i tre miliardi). Un peccato, considerando che – senza contare i prodotti energetici – il saldo commerciale sarebbe stato più che positivo con cinque miliardi di euro. Una iattura, se si considera che un anno fa l’Istat aveva registrato per il saldo valori anche più alti.

Dal punto di vista dei rapporti commerciali con i Paesi extra Ue, sono cresciute le importazioni del 15,5 per cento mentre le esportazioni aumentano del 7,5.

Le sanzioni alla Russia hanno determinato un calo delle esportazioni quantificato nella perdita di circa il 50 per cento del volume delle vendite dirette. Contestualmente è cresciuto, il valore delle importazioni (tra gli altri) proprio dalla Russia. In pratica, Mosca, rispetto a Roma, incassa di più e spende di meno. Non certo un affare. Cresce, dunque, l’import da Russia, Paesi Opec (raddoppiato) e dalla Cina. In tutto, gli aumenti toccano la soglia del 58%. A fronte di esportazioni che, ad esempio verso Pechino, presentano dinamiche in aumento ma molto più contenute.

Una buona notizia, seppur risicata, verrebbe all’Istat dai dati relativi all’occupazione. Che nel primo trimestre 2022 ha fatto registrare un aumento di mezzo punto percentuale rispetto al precedente. Scendono, dunque, i dati relativi alla disoccupazione e all’inattività con quest’ultima che ha fatto registrare il lievissimo calo dello 0,1 per cento. Per l’Istat, l’aumento dell’occupazione è stato determinato dalla crescita degli occupati dipendenti (+0,7% +121mila). Di questi 103mila assunti stabilmente e 19mila a tempo determinato.

I dati migliori sull’occupazione non hanno convinto del tutto le famiglie che, invece, sembrano aver chiuso i cordoni della borsa.  A marzo si è registrato un calo congiunturale delle vendite al dettaglio sia per i beni alimentari sia per i non alimentari (-0,6% e -0,7%). Questo risultato, secondo l’Istat, ha contributo alla flessione nel primo trimestre rispetto al precedente (-0,8%), fortemente condizionata dall’andamento dei beni alimentari (-1,4%) rispetto a quelli non alimentari (-0,2%).

L’inflazione, almeno quella, sembra andare un po’ meglio del previsto. Anche se i numeri, però, restano allarmanti. Per l’Istat c’è stata una frenata anche per quanto riguarda prezzi e la crescita dell’inflazione. I prezzi al consumo fanno registrare +6,2 per cento; a voler vedere il bicchiere mezzo pieno l’Istat ha fatto notare che, rispetto a febbraio scorso (più 6,5 per cento), nel mese di marzo si è verificata una sorta di decelerazione della corsa al rialzo. L’Istat ha inoltre ritenuto che l’inflazione acquisita per il 2022 sia aumentata solo di un decimo di punto rispetto al mese precedente (5,3%).

Stando così le cose, rispetto all’area euro, sul fronte dell’inflazione e dell’erosione di stipendi e risparmio, le cose andrebbero meglio in Italia. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, infatti, fa registrare un aumento del 6,6 per cento in Italia a fronte del 7,5 per cento dell’area euro. Almeno la consolazione di un differenziale che, al tempo in cui lo spread torna a quota 200 facendo tremare persino Draghi, dà ragione all’Italia.


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