Economia

Economia solidale, la solidarietà è più contagiosa del virus

di Redazione -


Il Coronavirus ha messo in crisi l’intero pianeta scardinando certezze e sconvolgendo gli equilibri che molte famiglie avevano con fatica ritrovato dopo la crisi del 2008. Ci ha restituito l’immagine di un’umanità fragile, precaria, per la quale il diritto alla salute e all’assistenza medica non è più così scontato, neanche nei Paesi occidentali. Ma non solo, inevitabilmente alla crisi sanitaria si è aggiunta quella economica, che in Italia ha coinvolto quasi tutti i settori e ha messo in ginocchio interi comparti che negli ultimi anni avevano trainato l’economia del Paese.

 

Il Coronavirus  ha impoverito  la popolazione

Solo per citare alcuni tra gli studi più recenti, secondo Confesercenti sono circa 90mila le imprese già fallite a causa del Coronavirus e ce ne sono altre 600mila a rischio. L’Inps inoltre ha registrato ad aprile 2020 rispetto al mese precedente un incremento delle ore di cassa integrazione del 3,761% e il confronto tra settembre 2020 e settembre 2019 parla di un +776%; anche i dati sull’occupazione, nonostante i provvedimenti ancora in corso sullo stop ai licenziamenti, sono allarmanti con mezzo milione di lavoratori in meno tra febbraio e giugno 2020.

Per i cittadini tutto questo si è tradotto in perdita di posti di lavoro, cassa integrazioni, famiglie in difficoltà, rinunce, fatica a pagare le spese ordinarie straordinarie; ci troviamo di fronte a un esercito di “nuovi poveri”, aumentati del 45% secondo il “Rapporto Povertà” pubblicato dalla Caritas.

 

Si sono modificati anche i rapporti sociali

Il Coronavirus ha anche stravolto le relazioni sociali, ha messo in discussione il modo di rapportarci con gli altri, chiunque si incontra per la strada rappresenta un “pericolo”, la distanza “sociale” è diventata anche distanza relazionale. Eppure, se c’è un risvolto positivo in questa crisi è la riscoperta della solidarietà. Gli italiani sono ricchi di fantasia e reagiscono agli imprevisti con soluzioni spesso inaspettate e, anche in questa circostanza, non si sono smentiti, dando vita a un’economia solidale che è riuscita ad arrivare anche laddove lo Stato non è arrivato. Ricordiamo tutti lo slogan #distantimauniti che per mesi ha campeggiato sulle bacheche dei social, sui balconi e negli slogan pubblicitari; queste parole si sono tradotte non solo in una vicinanza morale, ma in migliaia di iniziative di solidarietà che hanno coinvolto tutte le zone del Paese, dalle grandi città ai paesini più remoti.

Da marzo in poi la solidarietà sembra essersi diffusa più rapidamente del virus, la pandemia ha colto tutti impreparati, ma il Sistema sanitario nazionale, già in difficoltà prima dell’emergenza, nonostante l’impegno di medici e infermieri ha rischiato il collasso; ed è proprio questo il settore in cui si sono concentrati maggiormente gli sforzi solidali degli italiani.

 

L’esplosione  del crowdfunding

Il web con le numerose iniziative di crowdfunding è stato il vero protagonista fin dalle primissime fasi della crisi, in un momento in cui le Amministrazioni pubbliche e le aziende ospedaliere faticavano a trovare le risorse necessarie: la mobilitazione dei fundraiser sulle principali piattaforme di crowdfunding è stata immediata e gli italiani hanno risposto con un volume di donazioni che non ha precedenti nella storia italiana delle raccolte fondi; i dati parlavano già a maggio di più di 20 milioni di euro raccolti, con GoFundMe in testa con campagne per 15 milioni di euro e oltre 600.000 donazioni.

Le campagne di raccolta fondi su Internet si sono moltiplicate così rapidamente che Italia Non Profit, piattaforma che raccoglie tutti i dati e le informazioni sugli enti non profit operanti in Italia, in collaborazione con Assif – Associazione Italiana Fundraiser – a partire dal 13 marzo 2020 ha lanciato sulla propria pagina una sezione dedicata alle raccolte in favore degli ospedali con lo scopo di validare e mappare le iniziative segnalate e promuovere la trasparenza del processo. Nell’arco di un mese la piattaforma “Sostieni un Ospedale” ha ottenuto risultati straordinari, con le campagne di crowdfunding passate da 7 a 53 e le campagne di donazione diretta agli ospedali da 11 a 90; al 15 aprile 2020 la pagina registrava già più di 113mila visite di cui 22mila proseguite fino alla pagina delle donazioni o degli estremi di pagamento; interessante al riguardo anche il dato sulla composizione demografica dei visitatori: circa il 54% appartiene alla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni, si tratta di una parte di popolazione generalmente distante dai comportamenti donativi che ha deciso di attivarsi di fronte all’emergenza sanitaria.

 

Una rete solidale e diffusa

Oltre alla pagina dedicata agli ospedali, la stessa Italia Non Profit insieme ad Assifero e ai principali attori della filantropia istituzionale ha promosso il portale “Coronavirus: filantropia a sistema”, pagina dedicata al coordinamento e alla creazione di una rete tra le centinaia di iniziative filantropiche presenti sul territorio italiano. Il 18 marzo 2020 il portale mappava aiuti per un valore di 246 milioni di euro e 150 iniziative, di cui più della metà rivolte ad Ospedali, Pubblica amministrazione e Protezione Civile; e guardando gli ultimi aggiornamenti, a dicembre si contano 975 iniziative per un totale 785,55 milioni di euro tra donazioni e fondi, sotto forma soprattutto di donazioni di denaro, donazioni di beni e di servizi; i principali beneficiari restano gli ospedali, seguiti dagli enti non profit e da cittadini/famiglie.

Ciascuno aiuta

 come può

Ma non solo Internet è stato protagonista della “chiamata alle armi” per la beneficenza. Oltre alle raccolte fondi infatti sono arrivati anche quegli aiuti più diretti e immediati fatti di donazioni di beni e di servizi. Chi ha potuto si è messo a disposizione di chi aveva bisogno di aiuto per andare a fare la spesa, persone anziane o con problemi di salute, tantissimi i volontari impegnati nella distribuzione di mascherine, in molte città i tassisti, categoria anch’essa in crisi, hanno consegnato gratuitamente la spesa a domicilio, gli psicologi hanno messo la propria professionalità a servizio di chi ha avuto bisogno di questo tipo di sostegno, come anche molti avvocati hanno offerto consulenze legali gratuite. In Italia si è scoperto che tutto può essere “sospeso”, dal caffè, al carrello della spesa, al pane fino al tampone: chi può paga per sé e lascia qualcosa pagato per qualcuno che non potrà permetterselo. 

Baristi e panettieri lasciano gli avanzi della giornata in una cesta fuori dal negozio perché possano essere consumati da chi ne ha bisogno, tante le realtà in cui sono spontaneamente sorti dei punti di raccolta dove c’è chi dona e chi riceve secondo lo slogan “Se puoi, lascia. Se non puoi, prendi”, giocattoli, libri, abbigliamento, alimentari. Con l’avvicinarsi del Natale poi la spinta al sostegno reciproco è ancora più forte e ovunque risuonano gli appelli a supportare i piccoli commercianti locali rinunciando a fare gli acquisti natalizi presso i grandi colossi on-line come Amazon.

 

Le difficoltà  degli aiuti verso l’estero

In questo universo di altruismo c’è come sempre l’altro lato della medaglia, la coperta è sempre troppo corta e se da un lato è aumentato il sostegno in favore degli ospedali e dei connazionali in difficoltà, dall’altro moltissimi enti non profit, che tradizionalmente svolgevano attività di volontariato in situazioni difficili sul territorio nazionale e in progetti di cooperazione internazionale, stanno vivendo una forte crisi e in molti casi è a rischio la sopravvivenza dell’organizzazione stessa. 

Le cause di questa crisi sono da ricercare anzitutto nell’impossibilità a svolgere le attività proprie dell’ente a fronte delle normative anti-Covid, ma a questo si aggiunge la riduzione delle entrate per le attività istituzionali non legate all’emergenza.

L’11 dicembre è stato pubblicato da Italia Non Profit il “Non profit philanthropy social good Covid-19, report 2020”, documento sintesi di un’indagine che racconta l’impatto del Coronavirus sul Terzo settore, i bisogni degli enti e le prospettive per il futuro. I risultati mostrano come, durante il primo lockdown, il 45% delle Onp ha dovuto completamente fermare le proprie attività e il 33% le ha dovute dimezzare; inoltre, solo il 7% delle organizzazioni che hanno partecipato al sondaggio non ha visto ridursi i propri introiti rispetto al 2019: per il 41% le entrate sono più che dimezzate e per il 38% si sono ridotte in modo significativo. Sicuramente l’annullamento degli eventi e delle raccolte fondi direttamente a contatto con il pubblico, importanti fonti di finanziamento per il settore non profit, hanno inciso notevolmente sulle casse degli enti, ma molti intervistati hanno segnalato la mancata adesione di aziende ed enti ai progetti e una riduzione degli introiti provenienti dalle campagne digitali, evidenziando come la filantropia abbia dirottato le proprie risorse sull’emergenza sanitaria abbandonando almeno in parte le altre iniziative. 

Un allarme lanciato anche dalle Ong impegnate all’estero che con lo scoppio della pandemia si sono trovate sin da subito impossibilitate a proseguire le loro attività a causa delle difficoltà negli spostamenti con la chiusura di porti e aeroporti, a dover modificare o interrompere progetti già avviati e a dover fare i conti con il temuto calo delle donazioni, come dichiarato dalle reti delle Ong italiane in una lettera indirizzata all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

L’Italia si aiuta, gli italiani hanno risposto con generosità e fantasia all’emergenza sanitaria ed economica. Il rischio è che il sostegno ad una sola causa spinga nel dimenticatoio tutte le altre, generando squilibri ancora più profondi una volta finita la pandemia.

 Mariarosaria Zamboi


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