Edmund Kemper, il killer delle studentesse
Edmund Kemper, noto anche come il “killer delle studentesse”, ha terrorizzato la California nei primi anni Settanta con una serie di omicidi brutali e agghiaccianti.
La sua storia di violenza comincia molto presto. Nato nel 1948 a Burbank, in California, cresce in un ambiente familiare segnato da abusi emotivi e fisici. La madre, Clarnell Strandberg, lo umilia, lo isola, coltiva nel giovane Edmund un profondo odio verso la figura femminile. Già a dieci anni, Kemper manifesta comportamenti inquietanti: gioca a dissezionare animali e fantastica di uccidere.
A quindici anni compie il suo primo duplice omicidio. Dopo essere scappato di casa, raggiunge i nonni paterni, qui, spinto da una rabbia incontrollabile, uccide prima la nonna con un colpo di fucile, poi il nonno al suo ritorno. Arrestato, viene internato nell’ospedale psichiatrico statale di Atascadero. Durante il ricovero, Kemper studia la psicologia criminale, inganna i medici, recita il ruolo del paziente pentito e, a ventun anni, ottiene il rilascio. Tuttavia, il giovane Edmund non guarisce: le fantasie omicide, “represse”, covano sotto la superficie.
Negli anni successivi, si trasferisce a Santa Cruz, a casa della madre, che lavora all’Università. È il 1972 quando inizia il suo ciclo di morte: adesca giovani studentesse che fanno l’autostop e le uccide brutalmente. Prima le strangola, poi compie atti di necrofilia sui corpi mutilati. La polizia, ignara della sua identità, brancola nel buio. Le sue vittime, tra cui Mary Ann Pesce, Anita Luchessa, Aiko Koo, Cindy Schall e altre, spariscono senza lasciare traccia. Kemper nasconde i resti nei boschi o seppellisce parti dei corpi nel giardino della madre. La brutalità dei delitti sconcerta l’opinione pubblica.
Nel 1973, l’odio verso la madre raggiunge il culmine. Una notte, mentre Clarnell dorme, Kemper la uccide a colpi di martello, le mozza la testa e infierisce sul cadavere. Dopo aver assassinato anche un’amica della madre, chiama la polizia e si consegna. Durante gli interrogatori, si mostra calmo, collaborativo, quasi fiero dei suoi crimini. Racconta con freddezza i particolari più macabri, spiegando di aver ucciso per “liberarsi dalla rabbia” accumulata negli anni. I medici lo definiscono sano di mente: è perfettamente consapevole delle proprie azioni.
Condannato a otto ergastoli consecutivi, Kemper oggi sconta la sua pena nel carcere statale della California di Vacaville.
La storia di Edmund Kemper sconvolge ancora oggi per la sua brutalità lucida e per la capacità di nascondere un’anima di serial killer dietro una facciata amichevole e intelligente. Un mostro moderno, che incarna l’orrore non dell’irrazionalità, ma della ragione piegata alla follia.
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