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ELLIS ISLAND – L’isola nella baia di New York che ha fatto sperare intere generazioni di migranti

di Cinzia Rolli -


C’è un posto dove si intrecciavano speranze e paure, dove si arrivava con gli occhi grandi aperti al nuovo con la paura di dover tornare indietro, dove si incontravano generazioni, culture e diverse nazionalità: un posto chiamato Ellis Island.
La prima stanza che si incontra visitando il posto è quella di registrazione degli arrivi dove dal 1900 al 1924 quasi ogni giorno venivano controllate e schedate dai funzionari dell’ufficio Immigrazione circa cinquemila persone. Questa gente piena di sogni si scontrava qui per la prima volta con le complesse richieste della legge sull’Immigrazione americana. La cosa che più interessava ai funzionari incaricati, era verificare la salute di chi arrivava e così quando i medici riscontravano qualche malattia segnavano le spalle o il risvolto degli abiti degli immigrati con il gesso e l’iniziale della problematica emersa. Venivano quindi allontanati dalla fila regolare e portati in stanze speciali per ulteriori accertamenti.
Gli addetti alla stanza di registrazione si avvalevano spesso di interpreti per parlare con persone provenienti dalle più diverse nazionalità e addirittura dovevano impegnarsi per capire i diversi dialetti di uno stesso Stato. Gli stessi migranti infatti chiamavano la stanza di arrivo ad Ellis Island “Torre di Babele”. Le forze anti immigrazione cercarono di utilizzare criteri utili per stabilire chi poteva entrate in America e alla fine si arrivò a realizzare, per le persone dai sedici anni in su, un esame sulla loro alfabetizzazione.
Il 10% dei migranti veniva trattenuto per motivi legali. I sospettati più gravi dovevano sottoporsi ad una commissione d’inchiesta speciale. Ogni giorno ne erano presenti almeno tre. E poi in caso di condanna i migranti potevano ricorrere presso Washington D.C. mediante avvocati forniti da associazioni che li supportavano nel loro percorso. Chi risultava idoneo a rimanere in Terra americana spesso veniva raggiunto da amici o parenti già sbarcati negli Stati Uniti che li accompagnavano in treno a New York o in New Jersey e da lì iniziava la loro nuova vita.
E per cominciare la loro nuova vita i migranti avevano bisogno di cambiare il loro denaro con i dollari americani. Per questa esigenza erano presenti degli sportelli di cambio valuta affidati a privati che venivano costantemente controllati.

Oltre al controllo della salute fisica si procedeva alla verifica della salute mentale mediante test intuitivi, comodi anche perché non serviva spiegarli né ricevere risposte e quindi i medici non facevano domande e gli immigrati non dovevano rispondere; ciò evitava l’ausilio di interpreti. Furono registrate molte morti di persone sbarcate già con gravi patologie in corso, ma anche parecchie nascite. Circa trecentocinquantacinque in tutto! L’Ospedale di Ellis Island era composto da 40 medici e infermieri specializzati, dotati di ogni strumento necessario per le cure mediche. Insieme a dottori e infermieri operavano circa 700 persone con il ruolo di interpreti, ispettori, stenografi, addetti alle cucine, alle pulizie e alla lavanderia, operatori telefonici, guardiani e personale di manutenzione.
Lavoravano dodici ore al giorno spesso sette giorni su sette. Uno degli interpreti, che conosceva molte lingue tra cui italiano, tedesco e croato, Fiorello La Guardia, oltre a lavorare per il Servizio Immigrazione ad Ellis Island studiava legge alla New York University. Divenne il primo italo- americano ad essere eletto al Congresso degli Stati Uniti e poi sindaco di New York.

Per quanto riguarda invece le donne libere, non ancora accompagnate, si cercava di trovare loro un marito, cosa che sembrava utile per facilitarne l’incontro con le nuove abitudini e la nuova cultura del Paese ospitante. Dopo la chiusura del Centro Immigrazione nel 1954 vennero scoperte numerose scritte, graffiti e pensieri, il tutto inciso dai migranti sui muri. Parole di speranza, timore e gioia che rappresentano lo stato d’animo di persone che lasciavano tutto il loro mondo per costruirne uno nuovo.
Due i miti da sfatare: i funzionari di Ellis Island non cambiavano o sbagliavano i cognomi degli immigrati. Questi erano riportati nella lista passeggeri e severamente controllati a pena di sanzioni.
È molto più probabile che fossero gli stessi immigrati a cercare di anglicizzare i loro cognomi per sentirsi più vicini al Paese ospitante. Il secondo luogo comune da smontare è quello degli italiani come maggior numero di migranti negli Stati Uniti. Infatti la maggior parte degli immigrati proveniva dal nord e dall’est dell’Europa, solo una piccola parte dal sud Europa e dall’Africa.
Parlare di migrazione oggi è assai complicato, non ci sono ricette ma parlare di Ellis Island serve a far capire ancora di più il fenomeno delle ondate migratorie che storicamente si ripetono. A ognuno le proprie riflessioni.


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