Politica

Elly la riscoperta dell’identità e quel “problema” al governo

di Edoardo Sirignano -

ELLY SCHLEIN SEGRETARIA DEL PD


L’anti-Meloni c’è. Si chiama Schlein. Lo sfidante Bonaccini, dato per favorito da oltre un anno, si ferma al 46,2%. Elly, al contrario, con un 53,8% è la prima segretaria donna del Pd. Si avvera la profezia di Livia Turco. La sinistra sfiderà le destre con a capo una ragazza. La riscoperta dell’identità perduta, proprio come accaduto per Giorgia, consente alla vice di battere l’ex capo. Ecco perché le prime parole da nuova regina dem sono indirizzate proprio verso l’inquilina di Palazzo Chigi, da cui, senza saperlo, prende ispirazione: “Saremo un problema per il governo”. La risposta, però, è all’insegna del fair-play da parte di chi ha tolto i panni della sovranista per indossare quelli dell’istituzione: “Spero – dichiara la premier, prima di una lunga telefonata di cortesia con la neo leader dei dem – che l’elezione di una giovane alla guida del Nazareno possa aiutare la sinistra a guardare avanti e non indietro”. Questo, d’altronde, sarà l’ostacolo da superare per chi si trova in un partito, che vive il periodo più buio della sua storia. Gli 1,2 milioni di votanti delle primarie non consentono sogni tranquilli. Sarà capace la deputata di riprendere quella tradizione che tutelava i ceti meno abbienti e non le Ztl, proprio come la sua prossima rivale ha ripreso la fiamma? I sostenitori della Schlein ci credono. Tutti, nel suo comitato, sono convinti del talento della 37enne, che pur non provenendo dalle periferie capitoline, come l’avversaria, ma dai salotti svizzeri, intende partire dal basso. La creatura, immaginata dall’ex sardina, infatti, è una forza che esce dalle stanze chiuse, da quei circoli che fino all’ultimo hanno tentato di impedirgli l’ascesa. Elly trova la simpatia del popolo rosso perché simbolo dell’ambientalismo, del mondo Lgbt, delle battaglie in difesa dei migranti, del femminismo più convinto. Per ripetere quanto riuscito a Giorgia, però, serve ancora di più.

 

La quiete prima della tempesta

 

Il primo step, ad esempio, sarà dimostrare con i fatti quanto predicato. A parte gli slogan, le idee e le proposte non hanno caratterizzato una campagna elettorale vuota di contenuti e che si è infuocata solo al fotofinish. Il secondo, invece, sarà realizzare la “rivoluzione”, senza esasperare gli animi. Il Pd, in un momento così difficile, non può permettersi abbandoni o peggio ancora scissioni. Servirà creare un rapporto non solo con gli amici. Non a caso il suo primo appello è all’ “unità” nel pluralismo. Stesso discorso vale per il ricambio generazionale. Nelle sue file non ci sono solo i giovani Furfaro, Sarraccino, Braga, ma anche vecchi dinosauri come Bersani, Bettini, Franceschini, Orlando e Zinga. Stiamo parlando di chi non sa non essere protagonista. La sfida di Elly, quindi, sarà chiudere il Jurassik Pd, senza rottamarlo, come predicava un tale Matteo. Non sarà semplice neanche indurre le prime donne della gestione Letta a fare un passo indietro. Non sarà facile, ad esempio, spiegare alla Serracchiani di turno che la sua candidatura non sarà blindata per sempre. Ci sono, poi, i diritti di tribuna promessi ai vari Cuperlo e De Micheli. Adesso sono tutti amici. Chi conosce il mondo dem, però, sa benissimo che si tratta della classica quiete prima della tempesta. Il vento che soffia tra i corridoi del Nazareno è di guerra, non certamente di pace. A proposito di conflitti, sarà sacrificata la posizione filo-atlantista e pro-Zelensky per recuperare quelle forze antisistema, che uscendo dal silenzio, hanno consentito alla sardina di superare la macchina del potere?

 

La nuova ghiandaia imitatrice

La sfida più delicata, poi, sarà riprendersi la guida della coalizione. Se Giorgia l’ha spuntata facilmente su un 86enne Berlusconi e su un Salvini con il coltello alla gola dei suoi governatori, per Elly non sarà un cammino in discesa diventare la ghiandaia imitratice della sinistra nazionale. Non basta avere lo Speranza di turno o cantare “Bella Ciao” per attestarsi la guida di un campo o far partire una rivoluzione come quella di Katniss in Hunger Games. Ci sono due grandi problemi da risolvere. Il primo si chiama Giuseppe Conte. Il passato di Schlein e dei suoi sponsors (vedi Bettini) favoriscono certamente le relazioni con il M5S. Il buon Peppone da Volturara, però, sarà disposto a cedere lo scettro senza far nulla? Sbaglia chi pensa che le ultime regionali abbiano ristabilito le gerarchie. Altro grande ostacolo, poi, il progetto del partito alla Macron, invocato da Renzi e Calenda. Far passare il messaggio di un Pd che torna a sinistra vuol dire mettere alla porta o meglio ancora alla mercé del signore di Firenze il mondo centrista. Se il giglio risorge, nessuno può star sereno. Letta ne sa qualcosa. L’ex ministro della Margherita Giuseppe Fioroni, ad esempio, ha già lasciato la casa natia per dar vita a un nuovo polo cattolico. Ecco perché il passaggio del melograno per la donna in tailleur rosso e non blu, come la rivale, è solo l’inizio di un percorso tutto in salita. Pur non dimenticatosi da dove è partita, Elly dovrà dimostrare al Paese e al Pd di non essere più la sardina che urla, ma piuttosto un’aspirante statista. Solo così potrà scrivere la storia e riprendere le orme di quelle grandi donne a cui qualcuno oggi la accomuna, per aver stabilito come loro un primato nel campo progressista, ma da cui almeno per ora è distante anni luce. Il riferimento è ovviamente a Nilde Iotti, la prima quota rosa a guidare Montecitorio e Tina Anselmi, la partigiana che riuscì a diventare ministra. Elly dovrà dimostrare di avere l’ethos della leader già dalla prossima assemblea, dove non basterà dire ho vinto contro tutto e il contrario di tutto. Il nuovo tesseramento sarà un cammino pieno di insidie. Aprire significa crescere, ma anche esporsi a nuovi pericoli. C’è chi, ad esempio, vuole solo ritagliarsi uno spazio e non dare un contributo. Ecco perché l’auspicato rilancio sarà un sentiero tutto in salita.


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