Politica

Elly scarica il Pd di Serracchiani e bluffa con l’alleato pentastellato

di Edoardo Sirignano -

ELLY SCHLEIN SEGRETARIA PD, GIUSEPPE CONTE M5S


Schlein si confessa a Piazza della Borsa. “Le regionali di domenica e lunedì non sono un test su di me – afferma a gran voce – la nuova segretaria dei dem”. Tutto ciò, intanto, ha un solo significato: Roma scarica quel Pd che fino a ieri ha governato il Friuli Venezia Giulia e che fino al termine della stagione Letta è stato protagonista delle vicende del Nazareno.

Il Friuli e la regina nuda

Elly, consapevole di una Caporetto senza precedenti, non fa mea culpa, ma al contrario coglie il momento propizio per sbarazzarsi di chi, alle ultime primarie, aveva provato a farle le scarpe. Stiamo parlando di quella Debora Serracchiani, già silurata a Montecitorio. La sardina regala di tutto, compresi due seggi a Bruxelles, a Bonaccini pur di non vedere più al suo fianco la frangetta più amata dai progressisti italiani. Il caso Friuli è un test anche per quanto concerne i rapporti col Movimento. Conte evita il comizio finale insieme alla nuova regina dem. Pur sostenendo entrambi i leader il candidato Moretuzzo, si continuano a mettere in rilievo le diversità. L’intesa giallo-rossa, che dopo il cambio al vertice dem in molti auspicavano, d’altronde, non viene confermata neanche in un territorio piccolo come il FVG. Basti pensare che in questa tornata i due principali attori della sinistra nel capoluogo camminano sottobraccio, mentre a Udine se ne danno di santa ragione. Per la sardina diventata squalo, i problemi, però, non riguardano solo quello che Letta chiamava campo largo, ma soprattutto gli equilibri interni.

La congiura dei bianchi

Il nuovo gotha rosso, secondo chi conosce bene quegli ambienti, non considera tutte le mozioni. I malumori, questa volta, non provengono dai soliti ribelli di Base Riformista, che potrebbe spaccarsi in due dopo le poltrone promesse ad Alessandro Alfieri, Davide Baruffi e Simona Bonafé. Arrivano addirittura da chi fino a ieri aveva sposato la causa della Meloni rossa. Il primo a portare il broncio è un tale Dario Franceschini. Secondo le ultime indiscrezioni, sarebbe a rischio la nomina in segreteria per la compagna Michela Di Biase. I mal di pancia, però, non riguardano solo gli ex Margherita. L’ex ministro Andrea Orlando, tra i primi a sponsorizzare la nuova cordata di giovani, sarebbe ora perplesso. Finanche la fedelissima Chiara Gribaudo, dopo la nomina a capogruppo della Braga, guarderebbe con sospetto l’amica di sempre. Il tutto, mentre i due fronti dem, ogni giorno chiedono chiarezza rispetto al futuro di un partito che vuole darsi una nuova identità. I primi ovviamente sono i cattolici, preoccupati per la svolta troppo a sinistra. Beppe Fioroni, alle ultime regionali in Lazio, ha già appoggiato la premier Meloni, mentre Castagnetti avrebbe espresso più di qualche semplice preoccupazione rispetto a temi delicati come le adozioni gay e la maternità surrogata. Una cosa è certa, la diversità di vedute non è il massimo per battere un centrodestra, che anche a Trieste, almeno all’apparenza, si presenta come un blocco monolitico. Pur volendosi accoltellare la notte, almeno davanti ai media, Meloni, Salvini e Tajani si tengono la mano. La verità è che a quelle latitudini gli equilibri sono chiari. C’è un solo padrone che si chiama Giorgia. Gli altri hanno solo la forza di seguirla. Dall’altra parte, invece, non si capisce chi tra Elly e Peppino da Volturara possa prendere la guida della cosa rossa. Non basta un punticino, guadagnato nei sondaggi, per legittimare un potere che la piccola-grande Schlein ancora non ha. Non basta aver battuto un governatore o farsi qualche foto tra i capi socialisti europei per candidarsi a statista. Serve, invece, saper spegnere i fuochi, tenere unite le fila. Ciò, a parte le chiacchiere, sembra non riuscire neanche al successore di Enrico il parigino. Solo dopo una manciata di giorni dal congresso, la fila degli scontenti e di chi chiede il rimborso per essersi speso assume dimensioni non congrue. Ecco perché le europee potrebbero rivelarsi ancora un ostacolo. Cambiare è importante, ma allo stesso tempo non tener conto di determinati equilibri in politica può essere mortale.

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